Stelio Passacantando, a destra, con Luca Raffaelli
In esclusiva su Rapporto Confidenziale, a due anni dalla scomparsa, un ritratto inedito di un pioniere e innovatore dell’animazione italiana: Stelio Passacantando.
▪ intro | Stelio Passacantando un «comunista» in esilio | Mario Verger
▪ presentazione | Stelio Passacantando | Citto Maselli
▪ Stelio Passacantando un «comunista» in esilio | Mario Verger
▪ ringraziamenti
▪ note
▪ filmografia di Stelio Passacantando | a cura di Mario Verger
intro / Stelio Passacantando: un «comunista» in esilio ↑
di Mario Verger
In esclusiva su Rapporto Confidenziale – Rivista Digitale di Cultura Cinematografica – a due anni dalla scomparsa un ritratto inedito di un pioniere e innovatore dell’animazione italiana: Stelio Passacantando.
Allievo ribelle di Gibba e Kremos all’epoca della Fax Film, Passacantando realizzò il proto film astratto dipinto su pellicola, Il divenire delle forme, primo esemplare italiano dipinto su pellicola dopo le primissime prove sperimentali futuriste di Ginna e Corra. Tramite l’interessamento del celebre maestro canadese Norman McLaren, qualche anno dopo si trasferì in Inghilterra entrando nell’équipe inglese del National Film Board della T.V. Cartoons, sotto la direzione di George Dunning, lavorando poi al fianco di Richard Williams, Jimmy Murakami e Harry Hess, e partecipando al famoso film con le musiche dei Beatles, Yellow Submarine.
Assunto alla FAO, realizzò per conto delle Nazioni Unite una serie di filmati astratti per l’America mai recuperati su musiche sperimentali di Gian Carlo Menotti. Per la Rai con Harry Hess firmò alcuni fra i più innovativi e originali Carosello. Per la Televisione Nazionale Tedesca, ZDF, portò a termine Il Poema a Fumetti, assieme all’autore Dino Buzzati.
Negli Anni ’70 realizzò molte sigle e intermezzi per la Rai-TV, fra i più innovativi della TV ragazzi, nonché diresse le prime trasmissioni sul cinema d’animazione per il DSE Dipartimento Scuola Educazione della neonata Rai 3.
Nel 1984 produsse Il generale all’inferno, tratto dalla celebre poesia di Pablo Neruda con la calda voce Arnoldo Foà dove denunciò gli orrori della guerra, cortometraggio in animazione acclamato in tutto il mondo.
Negli anni ’90 diede vita a due lungometraggi in animazione fra i più originali della Storia dell’animazione del ‘900: Il Giornalino di Gian Burrasca di Vamba con atmosfere alla Truffaut, e Lo Specchio delle Meraviglie, una rivisitazione dell’Alice di Carroll.
Per il suo carattere polemico, in rotta con diverse associazioni specialistiche, sia di cinema dal vero che disegnato, in particolare l’Asifa, la sezione italiana dell’Associazione Internazionale Film d’Animazione, e coi relativi Festivals specializzati, Passacantando si chiuse in una visione sempre più controcorrente e in una lotta contro il potere e il consumismo di massa, sino all’isolamento.
E all’ultimo, dopo la didattica nelle scuole, la realizzazione dei filmati in animazione per la Rai Educational sulle Storie della Preistoria, di Alberto Moravia. E un ultimo progetto rimasto incompiuto, Orlando e Angelica, sempre per la Rai. I riconoscimenti in America e una grande Mostra antologica che abbracciava più piani alla Casa del Cinema a Roma, a Villa Borghese, promossa dall’Anac, Associazione Nazionale Autori Cinematografici e presentata da Citto Maselli.
Lo scoop fra le intercettazioni telefoniche, fra Sandro Curzi e il Direttore dalla Rai Agostino Saccà, in un colossale “impeachment” mai sbrogliato, che nascondeva la punta dell’iceberg di un enorme scandalo sul misconosciuto mondo del cinema d’animazione…
La biografia animata di un uomo del quale si è tentato la cancellazione, fra meschine gelosie e colossali interessi finanziari, avendo il solo torto di non volersi piegare al potere: vita e morte di un poeta assoluto del cinema disegnato fin de siècle, un intellettuale scomodo del cinema d’animazione contemporaneo.
MV
Stelio Passacantando – Presentazione di Citto Maselli ↑
* Trascrizione della presentazione di Citto Maselli su Stelio Passacantando
12 novembre 2006, Casa del Cinema, Roma.
Volevo presentare queste opere straordinarie di Stelio Passacantando perché sono una rarità, considerato l’orrendo regime figurativo e culturale in cui campiamo, dove valgono soltanto un certo tipo di gradevolezza leziosa, di impronta figurativa e narrativa in questo genere di espressioni artistiche, nel quale vale normalmente un’eleganza esteriore completamente subordinata a delle logiche, io dico fondamentalmente ‘disneyane’. Nel cinema d’animazione c’è tutto un genere che noi conosciamo da sempre e che è fondamentalmente un genere ‘aggraziato’, ‘lezioso’, ‘carino’…
A tutto questo da sempre si oppone con una sorta di ‘maglio vendicatore’ Stelio Passacantando, il quale, in tutti i suoi film offre un taglio cinematografico radicalmente opposto. In essi c’è una grandissima attenzione figurativa di enorme livello, come non siamo più abituati; basti pensare a quei blu intensi del mare che ad un tratto esplodono con tutta l’annessa finezza figurativa, di cui è inutile fare i tanti riferimenti che è possibile fare, da Chagall a Grotz, a Ensor. Tante realtà interessanti, come è anche interessante che Stelio abbia avuto una sua giovinezza con un passato legato anche all’insegnamento di Toti Scialoja, che fu un personaggio molto aperto per ciò che riguarda tutto quello che era un suo stesso passato espressionista, quindi legato moltissimo a Kokowska, a Ensor, cioè tutto quel mondo che ha un forte riflesso nell’opera figurativa di Stelio Passacantando. Opera figurativa di grandissima classe, di enorme livello, relativamente alla quale egli è riuscito a trasformare in una carica narrativa e una sintesi rarissima, perché si è davvero abituati a considerare il cinema d’animazione fondamentalmente come un racconto infantile, fluido e garbato; Passacantando ha creato totalmente un racconto artistico, con una profonda carica di significati e di messaggi da dire e che vuole raccontare in alcuni dei suoi filmati, mentre Gian Burrasca è un po’ diverso. Perché Passacantando ha realizzato un omaggio esemplare a Vamba, che nel 1905, come sapete, fece questa geniale operazione che era “Il Giornalino di Gian Burrasca”. Vamba stesso realizzò questi famosi disegni, fatti come fossero di un bambino, quindi ad imitazione dei disegni infantili, ma anche lì con molta elegante sintesi, perché al tempo stesso vi erano invenzioni abbastanza straordinarie; una delle cose di cui Vamba andava orgoglioso era il fatto, visto che “Il Giornalino” si svolge in un certo periodo, precisamente durante il 20 settembre 1929, che i disegni mano mano che “Il Giornalino” andava avanti diventavano sempre più fatti bene: “perché io ho voluto fare”, diceva, “che il bambino comincia col primo disegno con lui che strilla” – e tutti noi nella mia generazione ce lo ricordiamo bene – mentre poi invece diventano disegni sempre più accurati; e questa è una delle cose di cui andava più orgoglioso Vamba. E Stelio Passacantando ha voluto fare un omaggio a questa invenzione creativa del primo ‘900 del “Giornalino di Gian Burrasca” di Vamba e quindi ha sacrificato, se vogliamo in un certo senso, quella che è la sua personale verve tragico-grottesca, straordinaria, che è proprio, dei suoi film, una sua carica espressiva molto profonda e devo dire veramente unica e preziosa, che adesso noi abbiamo rilanciato con questa proiezione all’interno di questo pomeriggio, ma che andrà in qualche modo recuperata ad altri livelli, cercando di far in modo che vada in televisione, che possa essere vista il più possibile, perché sono delle cose assolutamente preziose, rare, perché non somiglia a niente, perché ha una sua anomalia meravigliosa, straordinaria – evviva la faccia – un suo andare contro corrente ma soprattutto una carica poetica e tragica la quale io trovo davvero molto, molto, molto, unica e solitaria, e quindi, appunto, veramente preziosa. Tutto ciò nel Giornalino c’è meno, poiché è un’elegante e voluta illustrazione e reinterpretazione, figurativa e narrativa, di quella che è stata un’operazione famosa, non solo in Italia ma anche nel mondo, perché il racconto andò anche all’estero, almeno in Europa sicuramente: e dovete pensare che quell’epoca di Vamba c’era un altro grandissimo disegnatore americano, Frederick Burr Opper, il quale ideò Fortunello.
Il personaggio di Fortunello del “Corriere dei Piccoli”, che parte dal 1902 e arriva sino alla guerra del 1914, aveva alcuni aspetti figurativi che erano particolarmente, devo dire, emozionanti oltre al bel personaggio che prefigurava di un decennio addietro senz’altro Chaplin: Fortunello era proprio un archetipo di Charlot. Ma a parte questo, il personaggio di Fortunello aveva una caratteristica, presente anche nell’opera di Passacantando, in particolare ne “Il Giornalino di Gian Burrasca”: il paesaggio urbano. Il paesaggio urbano che si vedeva all’interno delle simpatiche storie con le rime di Fortunello riprese poi nel paginone del “Corriere dei Piccoli” e rese universali da quel genio che era Sergio Tofano col Signor Bonaventura. Ma una di quelle cose belle che c’era in questo Fortunello che io ricordo, essendomi occupato dell’arte figurativa italiana di quel periodo, una delle cose più straordinarie era che quel paesaggio urbano, sintetico, e straordinario, del quale soltanto Ben Shan cinquant’anni dopo in America tirò fuori ma che invece già allora in quei disegni, fra le cose più folgoranti, era la terribilità di questo paesaggio urbano appena accennato: ecco, voi vedrete quanto è interessante e straordinario il paesaggio urbano segretamente raccontato perché non è solo il protagonista, segretamente raccontato da Stelio Passacantando nel “Giornalino di Gian Burrasca”, è un’incredibile Italia Umbertina, una sintesi metropolitana dove vi sono quelle strade e le facciate dei palazzi dalle prospettive improvvise, che devo dire sono veramente una delle cose più preziose di questo “Giornalino di Gian Burrasca” reinterpretato e riespresso interamente da Stelio Passacantando.
Tra l’altro una cosa molto bella è che oggi su “L’Unità” c’è un articolo a tre colonne sull’edizione nazionale intitolato proprio “Passacantando come Truffaut”, perché in tutta la sua produzione soprattutto nel “Giornalino di Gian Burrasca” traspare l’aver sentito l’influenza della Nouvelle Vague e soprattutto de “I 400 colpi” di Truffaut, dove vi è questa carica espressiva – d’altra parte Gian Burrasca è un bambino cattivo – che praticamente è la rielaborazione onirica della biografia di Truffaut: scappa dal collegio, s’era fatto un cineclub, arriva al mare. Nella storia di Gian Burrasca, il bambino arriva al mare ma nel racconto originale di Vamba non c’era, come le analogie con la biografia di Truffaut, di cui Passacantando si è permesso questa citazione in quanto si prestava offrendo persino un finale Truffautiano: il film si ferma là perché il bambino si trova di fronte al mare, all’infinito.
E in questo senso riconoscere la verità, perché Stelio è un personaggio esemplare, perché poi ha mantenuto una fedeltà, una coerenza per ciò che ha voluto fare, pagando dei prezzi fortissimi perché non possiamo dimenticare che Stelio Passacantando, rispetto a quello che poi è diventato, di fatto, un monopolio vero e proprio di ciò che è l’animazione in Italia, cioè il gusto figurativo dominato completamente da un altro tipo di stile esattamente più gradevole, in una parola più commerciale, e da cui lui è stato, del tutto emarginato. In questo senso come associazione, anche con grande ritardo rispetto a ciò che avremmo dovuto fare con un Associazione sempre carica di problemi infernali visto che l’Anac è l’unica associazione di soli autori cinematografici con delle responsabilità enormi perché le altre associazioni in generale sono più di mediazione con altre realtà che hanno al loro interno. Noi invece siamo solo autori, quindi abbiamo solo una responsabilità di tener vive tante battaglie e tematiche. Ecco, allora in questo senso avremmo dovuto noi rilanciare e riproporre Stelio Passacantando. Quando io dico oggi, “L’Unità”, nella pagina dell’edizione nazionale che dà questo spazio a ‘Stelio come Truffaut’, è un fatto importante perché è un piccolo segnale, di certo secondario rispetto a quel che meriterebbe l’opera e la personalità di Stelio; tuttavia è anche un segnale che può far sperare a una ripresa, una rinascita, un rilancio, e noi dell’Anac ci impegneremo a riproporre questo artista così singolare e così forte dove e come possiamo.
Infatti la cosa vera è che da un taglio puramente figurativo da cui, come tanti pittori, era partito Stelio, egli ha fatto lo scatto dal tempo allo spazio, creando questo tipo di racconto, racconto nel quale vi è una segreta abilità, come succede a tutti gli artisti i quali hanno delle proprie regole ferree, se voi vedete il tipo di animazione di “Alice” o ancora di più nel “Petruska” – che forse per me è il più bello di tutti assieme al “Generale all’inferno” – esprime un tipo di animazione dove c’è proprio una tecnica segreta, burattinesca appunto, e di ri-creazione della realtà in termini infantili perché sono tutti i movimenti, che hanno un ritmo segreto che è una cosa molto speciale, molto unica. Io ricordo una volta un personaggio patetico della Rai che mi disse: “Si però non è l’animazione come siamo abituati…”. Io risposi: “Beh, appunto, infatti non è un caso, grazie a Dio, è una cosa diversa”… Perché è veramente impressionante come certi standard espressivi entrino e diventino una forma di regime figurativo abbastanza impressionante (1*).
Stelio Passacantando e Citto Maselli alla Casa del Cinema di Roma (2006)
STELIO PASSACANTANDO
UN «COMUNISTA» IN ESILIO ↑
di Mario Verger
«Caro Mario,
Ti dico grazie per il bell’articolo su Passacantando. E’ stata una gioia leggerlo, anche se qualche volta bisognerebbe correggerti qua e là. Ma la mole di informazioni che dai, la tua passione, la tua cura e anche la simpatia che metti anche nelle tue autocitazioni rende il testo davvero godibile.»
– Luca Raffaelli
1973. Primo giorno d’asilo Montessori. Alla scuola dell’alta borghesia capitolina Regina Elena, all’angolo con Via Veneto, la storica via della «Dolce Vita» di Fellini a due passi da Villa Borghese.
C’è anche Boris, bambino delicato e taciturno, condotto nella classe vicino alla mia.
Io in classe con la maestra Lucia, accanto lui con la maestra Orietta.
Verso mezzogiorno, Boris e io veniamo portati in braccio da due tirocinanti in un’altra aula vuota in fondo al corridoio, soli con loro visti i pianti a dirotto in attesa delle rispettive mamme relativamente a quello svezzante e difficile primo giorno di scuola dell’ottobre del ’73.
Arriva la sua, una giovane donna che gli somiglia, capelli biondo-rossi vestita con abiti un po’ folk e vanno via; poi arriva la mia, abbracciandomi per quel difficile e traumatico primo giorno di scuola.
Dopo l’asilo, nel ’76 le elementari annesse sempre alla Regina Elena. E Boris che conosco relativamente come un compagno d’asilo stavolta è nuovamente accanto alla mia classe, con la maestra Lilia Lombardi, grande amica della mia maestra Maria Pedrelli, grazie alle quali spesso e volentieri le nostre due classi svolgono lavori didattici e di gruppo assieme.
E talvolta fuori da scuola, fra i genitori, si vede anche il padre di Boris. Spicca per un tono stravagante ma chic ed è più grande della maggioranza degli altri genitori i quali paiono sui 30-35 anni; capelli lunghi e argentati e giacca stretta di velluto, già sulla cinquantina, il quale spesso lo si vede discutere e far amicizia con gli altri genitori: fra questi, Massimo Cacciari, parlamentare a quell’epoca a Roma nella legislatura del ’76, e Silverio Corvisieri di Democrazia Proletaria.
Lui invece, il papà di Boris, è Stelio Passacantando, non “politico” ma “regista” ma sempre fortemente progressista, vista la scuola frequentata dal clou della Borghesia di Sinistra della Capitale.
Nel 1977 nella TV dei Ragazzi Rai, la Fata “Azzurrina” alias Maria Giovanna Elmi, reduce dal successo de “Il Dirigibile”, il programma fatto insieme dapprima con Tony Santagata e poi con Mal (reduce a propria volta da “Furia”) coi pupazzi di Velia Mantegazza e Guido Stagnaro, introduce nel contenitore televisivo un nuovo programma: “Saturnino Farandola”.
Lo sceneggiato, diviso in 15 puntate, un anno prima di “Goldrake” si rivela un enorme successo, soprattutto per la canzone che fa da contorno all’originale sigla animata, cantata dalla simpatica voce con l’erre moscia dello stesso protagonista, interpretato dall’attore teatrale napoletano Mariano Rigillo.
La cantiamo ovunque e ricordo un giorno anche in presenza di Boris Joh Passacantando, il quale, minuto e riservato qual è, non sfronta che la tanto decantata sigla in animazione (musica e immagini, cioè), la quale contribuisce decisamente al successo del nuovo programma Rai, è opera di suo padre Stelio.
Ma chi è a questo punto questo singolarissimo autore un po’ stravagante e un po’ snob, un po’ alla mano e un po’ radical chic, un po’ classico e un po’ moderno?
Stelio Passacantando da giovane
Il Giornalino di Gian Burrasca (1991). Regia di Stelio Passacantando
Stelio Passacantando. Diciamolo in primis: “Pittore”, come ha sempre specificato lui non volendosi mescolare coi “semplici” «cartoonist». Classe 1927. Figlio e nipote d’arte: di origini abruzzesi, il nonno era probabilmente quel Ferdinando Passacantando che realizzò «Gli stucchi, i cornicioni, i putti, gli stilemi […] ed ultimati con firma su un fregio della volta il 19 ottobre 1880» (2*) nella Chiesa di S. Benedetto Abate, la quale fu oggetto di un ampliamento caratterizzato da quell’eclettismo virtuoso che ne determinò un gusto neo-classico assai ricorrente nell’aquilano ottocentesco.
Ai primi del ‘900, il figlio, Pasquale Passacantando, padre di Stelio, stabilendosi al centro della Roma papalina, conosciuto anche per dei falsi perfetti di pittori famosi, viste le qualità artistiche divenne il ritrattista ufficiale di cardinali e papi durante la gloriosa epoca di S. Pio X.
«Si vabbè… ma io so’ ‘n’altra cosa!», taglia corto Stelio tenendo a specificarmi una mattina a Piazza del Popolo, prendendo le distanze, anche familiari, fra il classicismo del «figurativo» e la libertà dell’«astratto».
Abitando da sempre a Via Margutta, la storica “Via dei Pittori” adiacente a Piazza di Spagna, Stelio Passacantando frequenta dapprima il liceo artistico di Via Ripetta e poi il corso di Scenografia all’Accademia di Belle Arti sotto la cattedra di Toti Scialoja, trovando fra gli altri studenti anche Giulio Gianini, nato sempre nello stesso anno.
Terminata la guerra, già di idee antifasciste e liberali, Stelio Passacantando nel ’47 si iscrive alla sezione Comunista di Flaminio, dove ha modo di conoscere amici quali Francesco Maselli, Gabriella Galli, Ugo Sterpini, oltre a ritrovare il suo amico d’infanzia Sandro Curzi; compagni di tante lotte contro la mancanza di libertà di uno stato da sempre, in fondo, filofascista.
«…Ho cominciato con Rompicollo…», mi dichiara un giorno Passacantando, prima del suo “decollo” a Londra nel National Film Board il decennio dopo.
Nel 1952 infatti lo troviamo alla FAX Film a collaborare ai fondali scenografici diretti dal capo scenografo Luigi Ricci per il primo lungometraggio di Gibba, “Le avventure di Rompicollo”.
L’ottantacinquenne Francesco Guido in arte Gibba lo ricorda già allora magro, singolare e un po’ isolato, coi capelli lunghi e bianchi, che veniva negli uffici di Monte Sacro con impermeabile e ombrello.
Lì però già da subito iniziano i malumori, soprattutto con i capi: Gibba, più anziano e alla direzione del suo primo lungometraggio, e Kremos, già famoso per le copertine del “Travaso”, tanto che quest’ultimo, non gradendo certo lo stile ‘moderno’ del nuovo scenografo, arriva a soprannominarlo con scanzonata polemica «Passacagando»; quando entrambi vengono ripagati sdegnosamente come affetti da «manierismo disneyano»…
Motivo per cui Stelio Passacantando abbandona la Fax Film per dedicarsi in proprio ai film di ricerca sperimentale.
Interessandosi di pittura e cinema studia a fondo Blinkity Blank del grande maestro canadese Norman McLaren, pilastro della National Film Board of Canada, tanto che il giovane Stelio inizia diversi esperimenti di “pittura in movimento” con la medesima tecnica del film dipinto su pellicola.
Norman McLaren
Fra il 1957 e il 1959 elabora diversi esperimenti dipinti direttamente sulla pellicola, dai colori freddi e figure semi-astratte. Essi furono una ventina, fino a giungere al suo primo film compiuto, “Il divenire delle forme” (1959), il quale, dopo i primi interventi cinepittorici su scena da parte dei futuristi Ginna e Corra, si può di diritto definirlo il primo film dipinto direttamente su pellicola della storia dell’animazione italiana.
Realizzato con la tecnica di McLaren, Passacantando ne riesce a mandare una copia al suo maestro, il quale, sapendo che era stata aperta una nuova filiale del prestigioso laboratorio di animazione sperimentale d’avanguardia, gli fa pervenire una lettera d’assunzione nel neonato reparto di Londra del National Film Board.
Trasferitosi nel 1960 in Gran Bretagna Passacantando entra così nell’equipe che operava in Inghilterra del National Film Board, la sezione sperimentale all’interno della T.V. Cartoons Ltd. sotto la direzione dell’allievo del maestro canadese George Dunning (3*), lavorando alle diverse produzioni per le più importanti Major dell’epoca, e in seguito al fianco di Dick Williams, Jimmy T. Murakami e Harry Hess, partecipando al famoso film dei Beatles “Yellow Submarine”.
In quel primo soggiorno londinese Passacantando lavora come intercalatore a diverse produzioni commerciali ma, volendo esprimere il suo estro in proprio, dopo un anno lascia Londra per volare in Svizzera poiché un importante funzionario dell’Onu gli ha promesso un incarico di maggior rilievo.
Dal 1962 al 1964, infatti, lo troviamo a Ginevra a realizzare film per gli Stati Uniti alla FAO.
Il 29 gennaio 1962 Stelio Passacantando viene nominato dalla FAO (Food and Agriculture Organization) delle Nazioni Unite come disegnatore in grado G.6-1 nella “Visual Media Section” e come rappresentante delle Nazioni Unite gli viene affidata la regia per la EAV di New YORK di una serie di videotape in animazione e grafica semiastratti su soggetti tratti dalle opere musicali di Gian Carlo Menotti.
Gli originali, girati in 16 mm nell’apposita sezione della “Visual Media” delle Nazioni Unite, non furono mai rinvenuti in quanto i definitivi vennero depositati alla EAV (Educational Audio Visual, o Educational Visual Inc.) e si troverebbero tuttora giacenti negli Stati Uniti d’America.
Incaricato dalla FAO, Passacantando si reca ben tre volte in America per incontrare Menotti alla Educational Visual Inc. di New York.
Il contratto di Passacantando, dapprima per pochi mesi, è rinnovato, e pur volendo tornare nuovamente a Londra vi rimane per ben due anni.
Per il suo carattere accentratore e polemico, dapprima vorrebbe diventare “rappresentante della pace per il cinema d’animazione”, una sorta di nuova figura politica tramite le espressioni congiunte di arte e cinema, entrando poi in collisione nientemeno che con l’allora Direttore della FAO.
Ma ancora non è nulla. Due anni dopo, però, gli viene recapitato l’invito di sottoporsi a un test attitudinale per il rinnovo del contratto. Superato. E poi un concorso, una nuova procedura – gli dicono – alla quale se vuol rimanere alle Nazioni Unite non può sottrarsi.
Capisce ormai che è un modo per silurarlo.
Passacantando raccontava che fu un sabotaggio compiuto appositamente per eliminarlo definitivamente dalle Nazioni Unite.
Gian Carlo Menotti
Abbiamo qui il documento della sentenza originale dai cui dati ne possiamo ricavare almeno ufficialmente le modalità. Si può visionare peraltro la sentenza integrale in lingua inglese.
Riportiamo qualche stralcio:
«Considering the complaint against the Food and Agriculture Organization of the United Nations drawn up by Mr. Stelio Passacantando on 5 September 1965, the reply of the Organization of 3 December 1965, and the additional
documents and explanations furnished by the Organization on 30 March 1967, the production of which had been ordered by the Tribunal;
[…]
A. On 29 January 1962 Mr. Passacantando was appointed by the Food and Agriculture Organization of the United Nations as a draughtsman in Grade G.6-1 in the Visual Media Section for a period of three months. His appointment was extended on a number of occasions, each time for a fixed term.
Following approval by the 12th General Conference of the Organization of the establishment of a G.6 draughtsman’s post of indeterminate duration, a competition was held to fill it. Mr. Passacantando was one of the applicants and he was invited to undergo a test in June 1964. At first he refused on the ground that it was not consistent with his professional dignity to submit to a test of his capabilities which were adequately proved by his service with the Organization. Finally, however, he agreed to take the test on 17 July 1964.
None of the applicants having proved suitable for appointment to the vacant post, the Organization made arrangements for a further competition. Out of about 100 candidates ten were convened to take a test on 16 January 1965 Mr. Passacantando was one of the selected applicants and he presented himself on the appointed date
B. On 29 January 1965 complainant was informed by the Chief of the Recruitment Section that he had not been selected for the post and would therefore be separated from the Organization on 28 February 1965.
On 4 February 1965 he appealed against this decision to the Director-General, who confirmed it on 18 February.
On 3 March he submitted an appeal to the Appeals Committee, which on 4 May declared that the appeal did not fall within its competence .
On 9 June he was informed that the Director-General maintained his decision.
C. In the present complaint Mr. Passacantando prays that the Administrative Tribunal will be pleased (1) to quash the Director-General’s decision as being in violation of Articles 301.044 and 301.043 of the Staff Regulations; (2) to reinstate him retroactively in the G.6 post of indeterminate duration and to order payment of his arrears of salary from 1 March 1965 up to the date of the Tribunal’s accession; (3) to award him U.S. $10,000 as compensation for moral and professional damages.
The Organization submits that these conclusions be dismissed.
CONSIDERATIONS:
[…]
(b) Conduct of Examination
Complainant states that the most important tests had to be carried out by means of an airbrush, that the first such implement allotted to him was defective, and that when an airbrush that functioned was put at his disposal he had no time to make use of it because the time allotted for the examination was coming to an end; and that he was therefore at a disadvantage as compered with the other candidates. This complaint is not valid, however; in fact, those candidates who did not have their own airbrush were allowed to use one of those put at their disposal by the Organisation for an hour and twenty minutes, and the complainant himself states that he received an airbrush in
proper working order at 12.50, whereas according to the memorandum submitted to the Appeals Committee the examination did not end until 2 p.m. In these circumstances complainant was in a position to make use of the airbrush for an hour and ten minutes, or approximately the time provided, and it may be assumed that if he had asked for an extension of ten minutes, which he did not do, his request would have been granted. It follows that, regard being also had to his own attitude, his complaint of being at a disadvantage is unfounded. Moreover, even if complainant had distinguished himself in the airbrush tests it is improbable that he would have been placed first in
the competition since his results in the other four tests were definitely less good than those of the successful competitor». (4*)
Richard Williams
Dopo l’esperienza alle Nazioni Unite, Passacantando riesce a tornare a Londra per lavorare nuovamente alla T.V. Cartoons, questa volta come animatore per “Charley” (1965), sotto la direzione di Alan Ball e Jimmy Teru Murakami; per “The Adventures of Mr. Hero!” (1966), film-pilota prodotto dalla scrittrice Roberta Leigh e firmato dal famoso animatore Harry Hess con cui inizierà un sodalizio; e subito dopo per “The Ladder” (1967), al fianco di Richard Williams e Bob Godfrey, i quali firmano regia e direzione artistica.
Passacantando vorrebbe ora definitivamente tornare in Italia ma preferisce restare nell’equipe del National Film Board londinese sotto la direzione di George Dunning, regista del famoso film dei Beatles, prendendo parte al celebre lungometraggio “Yellow Submarine” (1968).
Yellow Submarine (1968)
Tornato da poco in Italia per organizzare un importante possibilità promessagli personalmente da George Dunning, Passacantando viene intanto chiamato da Harry Hess – il quale aveva da poco messo su uno studio a Roma – a collaborare come scenografo al lungometraggio firmato dallo stesso Hess con le animazioni di Gibba, “Tramby e le avventure di Bobby Trotter”.
Il lungometraggio, prodotto dalla Fagi Film, rimane però incompiuto, e il materiale verrà utilizzato per dei Carosello, firmati dall’inconfondibile e moderno stile di Harry Hess (1967-69).
La grande promessa non si fa attendere: nel 1969 Dunning apre un filiale a Milano la T.V. Cartoons Italia, mettendo a capo Stelio Passacantando; anno nel quale egli realizza una vasta produzione di short pubblicitari e film sperimentali per gli Usa e Canada.
Nel 1969, sempre a Milano, durante una collettiva di pittura Passacantando conosce lo scrittore Dino Buzzati, anch’egli fra gli espositori.
Buzzati, appassionato di fumetti e Passacantando di film d’animazione, s’incontrano nella filiale milanese della T.V. Cartoons per decidere assieme una trasposizione animata del suo ultimo libro da poco uscito, accolto favorevolmente dalla critica e dal pubblico, il “Poema a fumetti”.
Passacantando e Buzzati propongono alla Rai TV l’idea, la quale è da subito negata, abituati com’erano i dirigenti democristiani di allora ai cliché disneyani, e soprattutto anche per diverse scene osé che non avrebbero superato il visto censura, a motivo che la versione animata era altrettanto intrisa da «pura dolcezza poetica alla trivialità, dall’eros alla sensualità, all’ethos».
Buzzati propone la trasposizione animata all’estero, visto che è prossima la pubblicazione del libro in Germania, precisamente alla Televisione Nazionale Tedesca ZDF, un paese, superati gli orrori del Nazismo, ormai aperto e liberale: la Rai-TV italiana si era lasciata sfuggire la prima occasione di un film con attori disegnati originale e innovativo, elaborato dopo l’esperienza londinese nella società di produzione più d’avanguardia di tutta Europa.
Con una ventina di tecnici fra animatori e coloritrici nell’enorme attico milanese della T.V. Cartoons Italia, dalla cui terrazza si vedeva la storica Bozzetto Film di Via Melchiorre Gioia, viene realizzato in diversi mesi – e che in Germania uscì come “Orphi und Eura (Poema a fumetti)” –, un film animato di 50 minuti tratto da opere grafiche di Dino Buzzati, tanto che lo scrittore stesso ne rimane molto contento, nonostante all’inizio venga accolto con freddezza, mentre in seguito verrà riproposto entusiasticamente con numerose repliche, anche se di ciò lo scrittore non lo saprà mai visto che nel frattempo muore a Milano nel 1972.
Il mediometraggio animato viene anche replicato due anni dopo, e diverse altre volte nel decennio successivo, di cui diamo segnalazione nei programmi TV in ‘Der Spiegel’:
«Mittwoch, 27. 3. 1974.
22.00 Uhr. ZDF. Orphi und Eura
“Gedicht mit Spruchblasen” nannte der italienische Erzähler Dino Buzzati seinen Comic-strip über Orpheus und Eurydice, der auch in der Bundesrepublik als Buch erschienen ist». (5*)
Poema a fumetti (1970). Regia Stelio Passacantando & Dino Buzzati
Come è da notare che diversi telespettatori ricordano ancora a distanza di trentacinque anni questo filmato stranissimo, di molto antecedente all’invasione occidentale degli Anime giapponesi.
Durante l’estate del 1989, a Cinecittà ho occasione di conoscere l’allora caporeparto Titoli e Truka Maurizio Pensa, il quale mi permette di bucare carta e fogli di celluloide con l’apposita foratrice per cartoni animati. Stanno girando il lungometraggio “Il Giornalino di Gian Burrasca” di Stelio Passacantando, prodotto dall’Istituto Luce.
Pensa, ricordo, mi spiega con simpatico entusiasmo che Passacantando aveva avuto 80 milioni dal Ministero per il suo film. Qualcos’altro mi sembra lo aggiungesse il Luce per le spese di sonorizzazione, stampa e distribuzione. Una cifra assai ridotta, quindi, visto che a quei tempi un budget minimo per un lungometraggio si aggirava intorno agli 800… Motivo per cui l’autore è veramente riuscito a fare i salti mortali, adattando ciò alle esigenze di un’animazione, la quale per aderenza allo stile originale poteva essere risolta come spese senza troppi sprechi e ladrocini, come purtroppo nel cinema quasi sempre accade…
Sempre lì, oltre a Maurizio Pensa, c’è un operatore alto e un po’ chiuso, Beppe Trentin che cura la fotografia alla Verticale Cinematografica, assistito da un tecnico della ripresa particolarmente gentile, il quale si mostra molto disponibile nei miei riguardi. Lo chiamano tutti semplicemente “Romano” e, vista la mia enorme passione per il cinema disegnato, mi racconta d’aver da giovane frequentato la Scuola d’Arte d’Urbino seguendo il corso d’animazione con Enzo Budassi.
Mi incuriosisce molto vedere delle celluloidi originali del film… Ma le girano in un’altra stanza e… Come chiederglielo? Sono stati così gentili che in fondo non me la sento…
Sempre un giorno di luglio, stando nella stanza a forare altri fogli, bussando, entra proprio il figlio di Passacantando, Boris con delle grandi celluloidi da girare, anche lui come me, sempre in un’altra classe, ancora insieme al liceo artistico di Via Ripetta.
Mi mostra i disegni del Gian Burrasca che ha con sé e ricordo ne rimango totalmente affascinato: i personaggi sono lucidati a pennino ad inchiostro opaco color seppia e ricordano con estrema finezza e fedeltà le illustrazioni originali di Vamba.
Poco tempo dopo Pensa va via dal reparto, e rimangono soltanto Trentin e Bellucci, i quali terminano il definitivo del film di Passacantando, fra finale e rifacimenti, nell’arco dei due anni successivi.
Romano Bellucci, allora tecnico della ripresa a Cinecittà, verrà nominato dopo qualche anno capo dell’intero reparto Titoli e Truka, aiutandomi innumerevoli volte a risolvere i problemi tecnici relativi ai miei film.
Stelio Passacantando e Stefania Cacioli
Nel marzo ’90 invece ritrovo Stelio Passacantando al Centro di Cultura Canadese dove presentano una retrospettiva proprio sul National Film Board. La presentazione è abbastanza sobria ed elegante, avvenuta accanto alla responsabile dell’Istituto. Del mondo animazione ce ne sono diversi fra i quali ricordo Giulio Gianini, con accanto alcuni ex allievi del Centro Sperimentale di Roma, tra cui Stefano Argentero; Roberto Soldati (assistente di Pino Zac) in compagnia del pittore Guelfo (Gaetano Bianchini); e a distanza di moltissimi anni in quell’occasione rivedo proprio Stelio Passacantando, accompagnato da Stefania Cacioli, sua assistente con la quale mi sembra intrattenesse all’epoca anche una relazione sentimentale.
Con Passacantando, ricordandolo ai tempi della Regina Elena, però, non avevo mai parlato. Mi presento a lui senza dirgli altro, e mi dice eventualmente di chiamarlo.
Trascorre però da allora oltre un anno e non ricordo però bene il perché, lo chiamo e mi dice se avevo del materiale da fargli vedere dandomi un breve appuntamento visto che era molto indaffarato nella sua casa-studio in Via Margutta, avendo ormai lasciato il suo storico atelier a Via Principessa Clotilde 1/A.
Porto con me il mio primo film compiuto, per quanto avessi fatto già moltissimi provini 16 e 35mm, da poco reduce dal Festival di Lucca, un omaggio dipinto sulla pellicola su Lupin, “Planet O”.
Entrando vedo il bellissimo attico luminoso tutto adibito a studio con un tavolo lungo con due/tre animatori e scenografi al lavoro.
La Cacioli, intenta a dipingere, alzando lo sguardo mi sorride salutandomi; c’è qualche altra persona, fra cui Gilberto Mandolesi, uno dei suoi migliori allievi ai tempi del Ciak dell’Istituto Don Orione dove insegnava nel ‘69.
Passacantando mi fa segno di seguirlo. Stanno ormai ultimando il Gian Burrasca con le musiche di Fabio Liberatori, allievo di Lucio Dalla.
Gli porgo questo rotolo di pellicola da poco stampato a Cinecittà e in trasparenza comincia a srotolarlo, vedendolo fotogramma per fotogramma.
Lo osserva accuratamente tutto, commentando anche sequenza per sequenza, tanto che nota che a una grafica da “cartone animato” sapevo unire un linguaggio più “colto” inerente al film diretto su pellicola.
«Sei bravo!», mi sento dire da lui affermativamente controllando i fotogrammi ma sempre con un po’ di supponenza rispetto a un ventenne agli inizi.
«Poi hai detto che conosci Boris, no?», aggiunge chiedendo a conferma di eventuali “credenziali”… visto che le sue passioni erano: il figlio; il suo cinema; e le donne.
Poi, riguardo al mio film, anche per non andare in là coi riconoscimenti, dice che andava tutto benissimo ma se alternavo ad eventuali fissi ripetuti certe metamorfosi sarebbe stato meglio.
E lì, vicino alla finestra, da sotto a una mensola, estrae una busta di cellophane con un bel rotolo di pellicola e, mostrandomelo, comincia a srotolarlo.
Mentre gesticola intrecciando le mani dicendo quel che per lui è il riferimento-base per il film dipinto su pellicola, “Deformazioni–Trasformazioni”.
Erano delle situazioni semi astratte dai colori freddi, molto arcaico nell’insieme; sembrava un esperimento fine anni ’50, dicendomi che quel rullo dipinto su pellicola, perfettamente conservato risalente nientemeno che al ’59, era stato il suo primo film che s’intitolava “Il divenire delle forme”, relativamente al quale, mandandolo al National Film Board in Canada e grazie all’interessamento che suscitò in McLaren, poté lavorare a Londra nella sezione inglese diretta da George Dunning.
Affascinato dal suo film, mi sento dire: «Te pensavi, eh!».
Come dire: questi esperimenti li ho fatti anch’io e prima di te (…e meglio… Sicuramente intendeva…).
Riguardo al consiglio sulle “trasformazioni”, per quanto era un modo senz’altro per annotare il gradino di distacco fra l’anziano e il giovane, e vedendolo senza moviole, Passacantando non aveva comunque tutti i torti… Anzi… Mi ero ispirato alla logica dell’Anime giapponese (logica che a lui non interessava essendosi formato in un’altra generazione, vedi anche i suoi interventi scritti), ma tutto sommato nel mio omaggio filmato vi riconosceva un interessante rielaborazione personalizzata (quella tecnica personale, cioè, che contraddistingue un autore da un altro), mentre, per converso, un minimo di ripetizione (in quelli che nel film con tecnica tradizionale si chiamano ‘fissi’) era comunque in funzione della modernizzazione del film diretto su pellicola… vedi ad esempio alcune opere con questa tecnica di Vincenzo Gioanola, come più recentemente gli Short Splatter Collection di Saul Saguatti per i quali, ispirandosi ai film del torinese ma modernizzata la tecnica in video, essi si evolvono verso la logica della storia narrata a piccole immagini, fra il manga e il graffitismo americano.
Comunque, tornando a quel giorno, con Passacantando facemmo dopo anni la conoscenza ufficiale.
Il Giornalino di Gian Burrasca (1991). Regia di Stelio Passacantando
Lo rivedo alla fine del ’91, all’Anica, in una riunione dell’Asifa, la sezione italiana dell’Asifa Internazionale, l’Associazione Italiana Film d’Animazione, nella quale, dopo diversi interventi di ciascun autore, si vede Luca Raffaelli che parla delle iniziative volte a valorizzare anche l’animazione italiana relativamente alla sua nuova ed elegante rivista ‘Video, Cartoon & Comics’.
In quell’occasione, di Passacantando, proiettano a una prima fra gli “addetti ai lavori” (cioè i suoi amici) “Il Giornalino di Gian Burrasca”, che ho finalmente occasione di vedere completato rispetto ai frammenti di ripresa di due anni prima. E poi al termine gli applausi, con grande contentezza di Passacantando e di Boris, il quale vicino alla tenda d’uscita, fra gli applausi, mi stringe in segno di vittoria la mano.
Nell’antisala, vicino al tavolo si vede Bruno Bozzetto, di cui si sapeva la presenza, assediato dagli autografi con dedica mentre lui, gentilissimo e disponibile, deve scappare all’aeroporto…
Bozzetto a chiunque lo chiede, in ricordo schizza un velocissimo ‘Signor Rossi’ con tanto di autografo e dedica… A me compreso!
Sempre là accanto, lateralmente, c’è una persona che fa un po’ da collaboratrice a tutta l’assemblea, alquanto giovane e poco più che ragazza, una brunetta molto cordiale e gentile dallo sguardo vispo e quantomai intelligente, la quale, anche se non lo dà troppo a vedere, sembra essere molto preparata. Mi colpisce molto perché è sorridente e cordiale, tanto che il suo volto esprime chiaramente che il suo carattere dovrebbe essere all’opposto di certe ipocrisie odierne, e del tutto dissimile da quelli che Passacantando nell’animazione definiva i «burocrati dell’arte»; inoltre la giovane non pare aver preconcetti, sembrando anzi disponibile a una certa «libertà nell’arte» – parafrasando sempre Passacantando – anche se tale libertà da persona soggettiva quale lui stesso era, la vedeva soggettivamente più che altro ristrettamente girando intorno al suo stile…
Tanto che, scambiando due parole con lei e sapendo essere la segretaria dell’Asifa, si appunta cosa stessi facendo…
Ero anche un po’ stranito e perfino prevenuto da un atteggiamento discreto e ben disposto verso gli altri nel difficile ambiente dell’animazione italiana da parte di questa simpatica e vispa brunetta, ma fu veramente lei a pubblicare, nel numero successivo, un articolo all’interno del tanto ambito ed élitario Notiziario Asifa riguardo a uno dei miei primi cartoon, un video per un nuovo gruppo che sarebbe poi diventato famoso col nome di Tiromancino.
La giovane donna risponde al nome di Chiara Magri, la cui onestà e competenza non hanno certo bisogno di presentazioni, ed è oggi la Direttrice del Dipartimento Animazione della Scuola Nazionale di Cinema a Torino.
Fanno poi sapere che per chi vuole, può andare il giorno dopo alla prima serale del Gian Burrasca al “Capranica”, un cinema esclusivo a due passi dal Parlamento.
Nel film sono interessanti i filmati di repertorio, riesumati dal Luce, i quali introducono il lungometraggio dando chiaramente – e dal vero – l’idea dell’Italia Umbertina; idea, vagamente ispirata alle scene di Saturnino Farandola. Bisogna anche felicemente notare come Passacantando è riuscito a drammatizzare scena per scena, nonostante le pochissime illustrazioni a corredo del libro originale, immedesimandosi perfettamente nel mondo-bambino descritto di Vamba.
Se è perfetta la mimesi e l’aderenza al racconto, Passacantando è riuscito a aggiungerci un finale tutto suo e che nel libro manca: una citazione alla vita e all’opera di Truffaut in cui Passacantando evidentemente anch’egli s’identifica. Un ribelle si è sempre dichiarato e per di più col suo tono poetico e vagamente naïf: «un ribelle che conserva ancora il candore e l’istintività di un bambino».
Nel film di Passacantando, Gian Burrasca in finale arriva al mare, ma nel racconto originale di Vamba l’episodio non c’era; come le analogie con la biografia di Truffaut, di cui il cineasta pittore si è permesso questa rielaborazione onirica offrendo persino un finale Truffautiano: il film si conclude là perché il bambino si trova di fronte al mare, all’infinito.
Gian Burrasca. Regia di Stelio Passacantando
«In tutto il cinema d’animazione che io cerco di espletare mi rivolgo al bambino, a quella forma infantile, istintiva del bambino, perché per me ciò è molto importante; difatti ho fatto parecchi lavori col cinema d’animazione nelle scuole con la partecipazione dei bambini i quali hanno realizzato una ventina di film, come quelli su Moravia. I disegni che faccio hanno uno spirito infantile, come Gian Burrasca che è anche una forma di disegno infantile, perché come diceva il famoso Calvino, “I bambini fino a dieci anni sono dei geni, poi inseriti nella società avviene una metamorfosi per cui perdono questa spontaneità…”. Infatti l’artista rimane con un istinto e uno spirito infantile; ed è molto importante mantenerlo; quando diventiamo troppo infilati in un sistema perdiamo questa intuizione», aveva dichiarato recentemente.
Non risento Stelio Passacantando per diverso tempo, non essendo fra gli autori che seguo maggiormente, anche per quello snobismo del cinema d’autore che andava un po’ di moda in quegli anni che a me disgustava, visto che lui, a metà fra l’animazione classica e il cinema d’autore, tendeva maggiormente verso quest’ultimo, con tutte quelle situazioni comportamentali annesse che ne derivavano: snobismo verso il cartoon tradizionale, esteriorismi e soprattutto quel servilismo piramidale… che proprio a me non compete!
Motivo per cui, conoscendo il produttore Elio Gagliardo della Corona Cinematografica, realizzo diversi servizi per i cinegiornali firmando la regia e l’animazione, ripresa 35mm compresa, di due documentari in animazione di ben 12 minuti l’uno.
E mi chiama Passacantando che ha bisogno di un operatore, in quanto il suo è momentaneamente impegnato. Deve fare i provini del suo nuovo lungometraggio, una rielaborazione di “Alice nel paese delle meraviglie”, tratto da Lewis Carroll.
E’ la fine del ’92. Mi incontro una mattina nella zona Lepanto. Nel frattempo però rispetto a due anni prima ho senz’altro fatto molta esperienza professionale nell’ambito del cinema disegnato.
Entriamo in una saletta con una grande Verticale Cinematografica, un modello uguale ma più recente dalla Franzon che già usavo abitualmente alla Corona.
Mi fa vedere le celluloidi, stavolta molto diverse come impressione da quelle del Gian Burrasca… Più moderne, lucidate a inchiostro nero, e se qualcosa hanno del precedente lungometraggio, esse mi risultano moderne e nuove. Mi spiazzano abbastanza.
Ci tiene a specificare – come al suo solito – che lui è un “pittore”, che in conseguenza a ciò si ispirava a Rousseau e a Chagall, sino al fantastico e al surreale in uno stile “libero” ma come dire tutto suo.
E iniziamo le riprese. Io alla Verticale in piedi, lui ortogonale a me seduto a una piccola scrivania con matita e foglio macchina. In cattedra cioè: il professore che detta allo scolaretto alla lavagna.
E sembra esserne perfino consapevole: «…Così te fai le ossa!».
Mi passa le celluloidi, perfettamente linde e pulite, e ciascuna, una volta messa sotto la Verticale, inserita la pressa e scattati i fotogrammi ovviamente seguendo le sue direttive, gliela riconsegno mentre mi passa la successiva, la quale prima di darmela, la pulisce ancora…
E continua a “dettare”: «…disegno due: tre fotogrammi…».
Dopo un’ora che prosegue con questo foglio macchina, dettato da quello compilato dall’animatrice principale, la Yoshiko Watanabe, continua a dirmi che si fa così, che sono giovane, che devo sottostare, ecc… Così “imparavo”!… Per un’inquadratura “fissa” senza carrelli o altro, quando invece alla Corona avevo già girato l’anno stesso ben due film di 12 minuti ciascuno da solo alla Verticale e con tanto di carrelli, panoramiche e dissolvenze incrociate…
Me che gli vuoi dire… Non lo puoi contraddire… Inoltre quando continua a “insegnarmi” cose già per me superate mi promette pure che mi avrebbe pagato, «diecimila lire per il lavoro; anche se sei giovane, il lavoro, no, il lavoro va pagato!», dice senza mezzi termini…
A quel punto sto sbuffando; una giornata persa per niente anche sottostando a prese in giro umilianti, di cui sembra esserne perfino in parte consapevole…
A quel punto sentendo ‘diecimila lire’ mentre continua a passarmi bocche e occhi sul disegno base, chiedo, «Ma non sarebbe meglio cambiare il foglio macchina? Guardi…».
…Non l’avessi mai detto: capendo che uno sbuffa per l’altro, dalla “cattedra” ha quasi scamuffato tutti i fogli della cartellina per dirmi spazientito: «No guarda… Allora non se ne fa niente… Se è così lasciamo stare…».
Come a dire: sei giovane e devi fare la trafila!…
Cerco di scusarmi ma insisto: «Se velocizziamo la ripetizione delle bocche e facciamo un carrello…».
Non l’avessi mai detto; come uno scolaretto alla lavagna, lui seduto con un mozzicone di matita in mano mentre gesticola, mette in chiaro quasi urlando: «So’ io er reggista!!!».
Scene stravaganti e senz’altro pittoresche che lo rappresentavano al meglio, le quali l’hanno portato con gli anni ad accentuarsi, tanto che per molti è stato l’alibi per allontanarlo, specie negli ultimi tempi…
Io, per il mio carattere aperto e liberale, in risposta non so come trattenermi dal ridere… E la cosa pare sfumi subito tanto che per ‘staccare’ un attimo propone di andare al bar…
Ovviamente il ruolo ‘vecchio regista–giovane animatore’ prosegue, dando ad intendere che bisogna prima salire tutti i gradini della “gavetta”: ed eccolo lì, al bar, che il “vecchio” offre al “giovane”: l’aperitivo che rientra anch’esso nel cliché del “cinema di sinistra”: il “Chinotto”… Oltre ovviamente a tenere sottobraccio “L’Unità”…
Insomma, dopo quel giorno al completo servizio di quest’uomo stravagante e già anziano sono convinto di non aver aggiunto nulla di nuovo alla mia esperienza di cartoonist, ed ho occasione di sentirlo soltanto telefonicamente, ascoltando che il risultato della mia ripresa era stato soddisfacente, come per dire… che avevo superato la prova…
Dice che ha abitualmente un suo operatore, ma nel caso si sarebbe rifatto vivo…
«Si… per diecimila lire!…», penso io, e la cosa termina lì.
«Con questi ‘autori’ sprechi solo tempo…», aggiungo senza pensarci più…
Nel frattempo, ho firmato già diverse cose in televisione, e dopo quasi due anni Passacantando mi chiama nuovamente. Stavolta, ripensando all’altra, me ne sarebbe fregato meno sentirmi trattare come uno scolaretto e non ho problemi a tornarci.
Stavolta deve fare delle animazioni di “Alice” che servono a completamento del film, ma non ricordo bene, pare abbia al momento interrotto i rapporti con l’animatrice principale, mentre gli altri sono impegnati, chiedendomi di andarlo a trovare sempre in uno studio in Via degli Scipioni vicino a quello della volta scorsa. Stavolta è la Verticale della Videogamma di Giulio Cecchini e Marcello Clementi; Verticale alla quale era stato girato il decennio prima la Scandalosa Gilda di Gibba con gli effetti speciali di Giorgio Castrovillari.
Ricordo che stavolta con lui c’è proprio il suo assistente di fiducia, Giovanni, figlio di un altro operatore, intento a fare le riprese.
Passacantando mi mostra dei disegni su carta coi rispettivi Lay-Out, segnati nei quali riferimenti e quant’altro, facendomi vedere la tecnica con cui viene realizzato il personaggio come definitivo su acetato; una tecnica abbastanza strana: alcune parti sono colorate regolarmente sul retro mentre altre su carta, dipinte con tempera acquarellata e incollata su rhodoid ai bordi con una colla particolare, di cui mi da un campione, specificando i punti dell’attacco affinché in fase definitiva non si veda alcun incollaggio…
Non è certo facile e ciò richiede un bel po’ di impegno per consegnare il tutto in tempi brevi: all’incirca una serie di sequenze da dislocare qua e là per un totale di mezzo minuto da compiere, lucidatura e coloritura comprese, in una quindicina di giorni…
E stavolta le paga abbastanza bene… Anche se ovviamente intuisco che va a risparmio, viste le altre operazioni altrettanto costose comprendendo non solo l’animazione completa, su fogli di celluloide cioè, dei quali me ne dà in eccesso per eventuali prove…
Dopo qualche ora ci congediamo. Giovanni mi dice, quasi privatamente, che con quella Verticale se gli si lasciasse la possibilità potrebbe far… miracoli… E invece deve ubbidire alle direttive del capo… come al solito… Ma Passacantando è troppo contento e non ci bada neanche visto che sta ultimando il suo secondo lungometraggio…
A lavoro compiuto gliele consegno e, vedendole, dice che vanno bene e, non avendo fra l’altro ulteriore tempo, le gira subito: non posso dire cosa è stata l’operazione di ritaglio e incollaggio!
Meno male, l’animazione la paga e subito: in fondo è un’animazione parziale (…ma furbescamente essa è comprensiva nel pagamento delle altrettanto operazioni di lucidatura e soprattutto coloritura…) ma taccio…: un milione divenuto 800.000 lire!
Qualche tempo dopo al Cinefonico di Cinecittà lo incontro per caso, seduto in moviola a controllare i rulli della copia sonora di Alice.
Lo saluto e lui, in poltrona, “sguazzando” nel suo ruolo non mi dà troppo retta. Ho in mano il 35mm sonoro della sigla di “Blobcartoon”, il programma di Raitre di Marco Giusti, eseguita con la medesima tecnica dipinta a mano di “Lupin”. Propongo di mostrargliela ma risponde sbrigativamente di non aver tempo.
…Ovviamente… Ma mi permette di vedere con lui nel frattempo una parte del film finito!
E, terminato il ‘rullo’ mi offre qualcosa da bere contento de “Lo Specchio delle Meraviglie” completato.
Al bar incontriamo Romano Bellucci, e l’“avvocato”, come lo chiamavano tutti a Cinecittà, un ex avvocato delle cause (perse) di cinema al quale avevano permesso da anni di vendere manifesti e libri là dentro. Fra cui quello sui disegni di Fellini…
Passacantando lo sfoglia, facendo “ovvi” paragoni registici, dicendomi peraltro che gli schizzi gli piacevano molto e si sarebbero prestati benissimo a un filmato d’animazione.
E ci congediamo tutti.
Poi di “Alice” o meglio “Lo Specchio delle Meraviglie”, non so più niente.
Poi non lo vedo per diverso tempo, né lui né il film.
Alice, però fu l’inizio della sua rovina e probabilmente della sua rinascita.
Era un lungometraggio, rispetto al Gian Burrasca, piuttosto difficile da capire. Anche a me aveva un po’ stranito quello stile, naïf, con colori strani, fantastico si, ma perfino un po’ bizzarro e folle…
Anche se comunque interessante… I personaggi fra l’altro erano poco consoni alla logica del lungometraggio d’animazione…
C’è di fatto che quando fu portato a termine – anche perché molto diverso dall’altro e più vicino per altri aspetti al “Petruška” che vidi qualche anno dopo, dovendo essere un lungometraggio finanziato dal Ministero e non un film personale d’autore – doveva rispecchiare quel perfezionismo esteriore richiesto (pulizia nella ripresa, animazione comunque tradizionale, ecc.), tanto che quando uscirono le prime copie stampate, esse risentirono fortemente di questa suindicata pulizia, quando al contempo l’animazione tradizionale cominciava a mutarsi in un’era digitale con le prime produzioni a lungometraggio di Enzo D’Alò de “La Freccia Azzurra”.
Raffaelli un giorno chiedendogli in merito disse che “Alice” era «brutto» mentre invece Gian Burrasca «molto carino». Sono senz’altro modi di dire fra addetti ai lavori intendendo dell’ultimo che era un film molto meno riuscito del primo; cosa che grossomodo pensavo anch’io… Mentre Passacantando continuava ad insistere che la sua Alice era il massimo mentre, sempre l’altro suo Gian Burrasca, altrettanto riuscito, piaceva tantissimo ai bambini…
Col tempo, però ho cominciato progressivamente a ricredermi sul secondo rispetto al primo… Credo che Passacantando avesse perfino ragione… Forse perché era ancora troppo perfetto e nuovo… E la sua “Alice” aveva avuto il solo torto d’aver precorso i tempi…
Rivedendolo successivamente in diverse occasioni, e più recentemente un brano alla Casa del Cinema, mi sono veramente accorto che il valore di questo film, apparentemente stravagante e un po’ incomprensibile, abbia realmente valore nella cinematografia dell’animazione contemporanea.
Un film che sarà un giorno collocato superiormente al Gian Burrasca, essendovi in esso una vera e propria «summa» di tutto l’universo cinematografico passacantandiano.
L’esperienza al National Film Board, i film animati per l’America per conto della FAO, il “Poema a Fumetti” con Dino Buzzati per ZDF, le tante sigle e programmi educazionali Rai, i balletti russi animati, “Il generale all’inferno” con Foà, le “Storie della Preistoria” di Moravia e i due lungometraggi, “Il Giornalino di Gian Burrasca”, potranno essere con “Lo Specchio delle Meraviglie”, un omaggio animato ai grandi artisti del fantastico e del surreale, da Bosh e Ensor, da Rousseau a Dubuffet, da Chagall a Escher, il complesso della produzione artistica di uno più originali autori italiani di cinema d’animazione contemporaneo.
Lo Specchio delle Meraviglie (1994). Regia di Stelio Passacantando
Da quel dì non lo vedo più e due anni dopo, nel 1996, ai primi di luglio mi chiama per venire d’urgenza al suo Studio di Via Margutta visto che i suoi animatori sono tutti in vacanza, servendogli urgentemente un assistente all’animazione dovendo consegnare entro breve ben 3 episodi per una pubblicità Rai.
Mi reco col caldo torrido nell’estate ’96 nuovamente a casa sua.
La situazione è allegra ma lui è rimasto solo: con l’ultima donna, una giapponese, non l’animatrice, si è lasciato; il figlio Boris è emigrato in Inghilterra; inoltre professionalmente parlando, mi racconta che il suo animatore preferito Gilberto Mandolesi è morto prematuramente da poco superata la quarantina…
La pubblicità in questione è per ‘Aiuto alla Chiesa che Soffre’, l’associazione universale di Diritto Pontificio riconosciuta dalla Santa Sede, la cui peculiarità è portare soccorso alla Chiesa laddove la mancanza di mezzi economici o la violazione della libertà religiosa ne rendano difficile la missione evangelizzatrice.
Anche lì, vedendo i disegni, ovvi i riferimenti: tre bambini, uno “giallo”, uno “nero” e uno “bianco” alle prese con un “missionario”: un anziano con un cappellaccio in testa vestito con un lungo abito talare che evangelizza i bimbi che vivono in un mondo “conformista e burocrate” contro la “libertà” evangelizzatrice: non ci metto molto a capire che quel vecchio ministro del clero, tagliato fuori dal banchetto farisaico del Tempio, è molto somigliante allo stesso Passacantando, il quale, dopo il grande apprezzamento da parte dell’infanzia col suo Gian Burrasca aveva aperto col supporto della Regione un atelier, ‘Il Laboratorio dell’Immaginario’, per insegnare ai bambini la tecnica del cinema d’animazione.
Stelio Passacantando è un uomo piuttosto alto, magro, coi capelli molto lunghi e argentati, ma dall’aspetto serio e con un non so che di ascetico contrastato da un modo di fare polemico quanto pittoresco… Anche nel modo di vestire presenta un fascino direi dualista: da un lato un po’ trasandato, dall’altro chiaramente elegante, quasi radical chic; spesso indossa giacche scure di velluto, di quei modelli stretti aderenti anni ’70; a suo modo un personaggio carismatico. Le sue mani, armoniche nella struttura, sono strette e lunghe con le dite coniche e appuntite: la mano di un poeta, denotando da esse fantasia, romanticismo ed una punta di aggressività. Vedo che anche lui è mancino. Mentre traccia a lapis degli schizzi animati, noto che ha anche un’ottima mano – la classica mano da animatore – ma pare preferisca giungere più a un risultato personale, coi suoi disegni vagamente espressionisti che mantengono sempre padronanza della tecnica e un gusto particolarissimo – il cartoon e pittura al tempo stesso – con una personale sintesi ricca di accenti quasi naïf.
Nello stile dei suoi disegni manteneva la spontaneità di un bambino, come ugualmente nella vita, a un’età matura e adulta – un’infanzia meravigliosa diceva – seguendo di sé la parte più istintiva: «Un ribelle», si definiva, «Perché il bambino ricerca la verità; devi essere vero, perché se tu non ricerchi la verità, perdi te stesso…».
Carattere indubbiamente soggettivo, polemico ma sottostantemente generoso, a forti empatie personali, convenzionale ma che voleva apparire anticonvenzionale e a suo modo unico, alla ricerca di essere sempre all’interno di un nucleo sociale élitario ma, al contempo costantemente bisognoso di grande acclamazione popolare; con gli adulti appariva distaccato e quasi austero ma sempre pittoresco nelle sue esternazioni; un tipo isolato che coi giovani si mostrava in fondo alla mano; quasi un fratello maggiore in grado di spronar in loro entusiasmo e innovazione (vedi in seguito la testimonianza di Franco Bianco); coi bambini invece aveva un rapporto particolare: dopo l’affermazione del pubblico infantile che aveva riconosciuto spontaneamente la sua bravura, cercava di tirar in loro fuori la parte più spontanea e diretta facendo in lui uscire perfino la dolcezza di un nonno…
Passiamo al suo affascinante ‘Studio Margutta 42’, un luminoso attico nella famosa “Via dei Pittori” della Capitale.
Il grande tavolo in legno è immerso di fogli di carta con le animazioni dei personaggi e dipinti di ogni genere; nei ripiani si vedono tabacco e cartine (lui non fuma ma le tiene – dice – per gli ospiti), fra antiche scatole in ferro di the inglese con all’interno crayon e pastelli a olio; e, in verticale sopra il tavolo, appeso con tre mollette un articolone su Repubblica che riporta a tutta pagina un altro martire marxista, quasi un “collega”, un “altro” genio incompreso, il cui titolo recita a caratteri cubitali: Chaplin un «comunista» in esilio.
Poi passando verso il corridoio che porta alla cucina, da una grande cassettiera in legno mi mostra diverse panoramiche animate: grandi celluloidi rettangolari con combattimenti di “mostri fantastici” fra dominanze di colori arancio e viola, tratti da alcune scene di Alice: curiose e interessanti, facendo vedere quant’era bravo il figlio avendole animate interamente lui, cosa che non sapevo, come anche mi disse che i personaggi del film li aveva inventati interamente Boris.
E ci tiene ad aggiungere: «Boris adesso sta a Londra: fa il cameriere», specifica non certo con dispiacere per volerlo impiegato in qualche ufficio ma con orgoglio seguendo in qualche modo le orme paterne di emancipazione… Tanto che mi racconta di quando lui stesso emigrò in Inghilterra alla T.V. Cartoons per lavorare con Williams, Murakami e Hess, e la successiva collaborazione allo “Yellow Submarine” di Dunning.
Fra gli aneddoti Stelio ricorda anche quando misero la sede milanese della T.V. Cartoons, e che in lontananza vedeva l’attico della Bozzetto Film.
A metà degli anni ’70 Stelio Passacantando realizza diverse indimenticabili sigle Rai per la TV2 Ragazzi, come diversi «intermezzi» pubblicitari e, come accennato, la sigla dello sceneggiato per bambini “Saturnino Farandola” (1977) (6*).
Mariano Rigillo in Saturnino Farandola, Rai (1977)
Mi spiega che il regista Raffaele Meloni, il quale commissiona a Passacantando la sigla, fece vedere delle foto di scena della versione cinematografica del 1913 a cui ispirarsi per ritrovare le atmosfere.
Quella mattina di un’estate calda e assolata finalmente riesco a vedere diversi suoi filmati di repertorio, come “Leo e Lea” (1978), un cortometraggio Rai molto particolare realizzato in collaborazione con la moglie, mamma di Boris; degli spezzoni, entusiasmanti, del “Poema a fumetti” di Buzzati; i tre film dei primi anni ’80 realizzati per la Televisione Francese e trasmessi in seguito anche dalla Rai-TV: “Petruska” (1982), “L’uccello di fuoco” (1982), ispirati alle opere di Stravinskij, e “La storia dello schiaccianoci” (1983), tratto da Ciajkovskij, dei balletti animati tra pittura e musica, che risentono dell’esperienza avuta con Gianini.
In proposito dice d’averglieli animati quasi tutti lui e sin dagli inizi per giunta ma di non esser stato mai menzionato nei titoli, poiché essi erano rigorosamente firmati dal duo Gianini e Luzzati.
Mi racconta inoltre che per i tre balletti animati si era avvalso della collaborazione della sua giovane assistente, Michelangela Turano, prematuramente scomparsa da qualche anno, una ragazza molto bella con la quale era stato visto molte volte assieme, anche ad Annecy, la quale fra l’altro diresse un cortometraggio animato dal titolo “Metamorfosi”.
E sempre per la Rai, “Il Diario di Stefy” (1983), tratto dal personaggio di Grazia Nidasio, che stanno facendo ora a serie televisiva, grazie ad altri che hanno epurato dalla Rai questo innovativo pioniere, tanto che le sue idee, oggi, fra fiumi di fondi pubblici e computer, evidentemente sono state apprezzate e ora abbondantemente finanziate!
Come mi fa vedere le sue tante battaglie degli anni ’70 nelle quali egli previde che il cinema d’animazione si sarebbe evoluto nel digitale, scritti pubblicati sulla rivista “Carte Segrete”.
E poi gli intermezzi e sigle Rai anni ’70, fra cui la sigla TV2 Ragazzi e i successivi realizzati con stampe d’epoca, “Cronache d’altri tempi”, “Tanto tempo fa” e “Poker d’Hitchcock”: mi spiega che, come avvenne per “Saturnino Farandola”, trovava interessante dargli un tocco di antico, motivo per cui per muovere queste figure un po’ ottocentesche a chiaroscuro a tratteggio animate a ritagli, aveva trovato degli albi inglesi da Vertecchi i quali ha provveduto a ritagliare modificandoli per comporre a Passo 1 i vari episodi degli intermezzi Rai.
Tanto tempo fa. Regia di Stelio Passacantando, Rai (1980)
Poker di Hitchcock. Regia di Stelio Passacantando, Rai (1984)
Come anche mi mostra, presi da una cartellina, dei disegni d’animazione a matita e qualche cels animation relativi allo “Yellow Submarine”, i quali conservava gelosamente da trent’anni.
E poi il documentario del ‘78 uscito in TV nel ’80, “La nascita del cinema”, un’interessante panoramica sulla storia del cinema, dalla Lanterna Magica a Meliès, che gli è valso il Premio di Qualità del Ministero dello Spettacolo.
E diversi programmi realizzati fra la fine degli anni ’70 e metà ’80 per il Dipartimento Scuola Educazione, il DSE Rai, di cui Passacantando è stato assoluto innovatore e al quale dobbiamo la regia dei primi programmi educazionali della Rai-TV con specifico riferimento al cinema d’animazione, nei quali, fra gli altri si vedeva l’intervento di un ancora giovane Gianni Rondolino, e di un sempre sereno Bruno Bozzetto intervistato dallo stesso Passacantando, regista del programma.
E poi ancora, “Il generale all’inferno”, del 1984, come l’ha definito giustamente Raffaelli nell’articolo dedicato alla sua scomparsa: «una profonda e ispirata denuncia sugli orrori della guerra».
Un lavoro molto strano e affascinante, delle silhouettes nere dai personaggi grotteschi e strani con questo sinistro e mostruoso generale, presentato con successo al Festival Internazionale di Annecy e a tutti i più importanti festival, nazionali ed internazionali, fra i quali, Berlino “Anima for Peace”, Oberhausen (Germania), Zagabria; Buenos Aires (Argentina), Halcala de Henares, Madrid, Bilbao (Spagna); film relativamente al quale mi racconta che essendo da sempre un patito delle opere di Neruda era da tanto che voleva fargli un omaggio. Conosceva abbastanza bene l’attore Arnoldo Foà, avendo origini ebree in comune ed entrambi di Sinistra, questi accolse l’idea molto favorevolmente; dice Stelio che vanta un lato familiare semita, come d’altronde anch’io… anche se poi si è arrivati presto ai paralleli con un altro Ebreo che voleva portare l’amore, quando invece fu cacciato dai farisei del Tempio, cioè dagli odierni burocrati dell’arte, e messo in croce fino ad essere ridotto al silenzio: come lui!…
Poker di Hitchcock. Regia di Stelio Passacantando, Rai (1984)
Poker di Hitchcock. Regia di Stelio Passacantando, Rai (1984)
Il tutto, fra film e annessi racconti aneddotici, mi viene mostrato in una piccola televisione, vicino a una semplice brandina dove dorme per comodità; un angolo domestico tutto suo all’interno di una favolosa casa antica arraffata di carte, acetati, dipinti, colori e pellicole cinematografiche…
Mi racconta entusiasticamente che al Festival di Treviso Gian Burrasca fu «un grande successo di pubblico!», frase che amava ripetere spesso, quando in sala tutti i bambini erano festanti e allegri per il lungometraggio del vecchio pioniere italiano sperimentale, così come lo è stata la stampa nazionale; giornalisti delle maggiori testate italiane ne parlarono con ampi e particolareggiati articoli, fra cui quello del “compagno” Pallavicini de “L’Unità”, a cui Stelio teneva particolarmente.
In quell’occasione mi racconta che a Treviso, nonostante il trionfo del pubblico e i giornalisti venuti ad intervistare “lui” e non gli “altri”, l’esecutivo Asifa se ne andò facendo finta di niente.
In altre parole Passacantando, con quel ricordo impresso si era reso definitivamente conto che quelli che volevano apparire suoi “amici”, in realtà amici non lo erano affatto: un affronto al suo riconoscimento “pubblico” che gli pesò, riparlandone spesso, sino alla fine.
Ma nel decennio prima c’era stato anche un precedente che aveva già segnato uno scontro fra lui e l’Associazione Italiana Film d’Animazione: a metà degli anni Ottanta, Passacantando insieme a Lorenzo Taiuti e Luca Raffaelli promossero un festival di animazione da realizzare a Roma sotto la sigla dell’Asifa. Per quel festival il Comune mise a disposizione una certa cifra, di cui adesso non ricordo l’entità. Quello che accadde fu che l’Asifa non volle fare quel festival. E quei soldi non vennero mai utilizzati. Quando Stelio venne ai Castelli Animati portò una folta documentazione, anche relativamente a quel festival mai fatto. Quello, purtroppo, fu l’atto ufficiale d’inizio di rottura fra Passacantando e l’Asifa.
Ma torniamo alla pubblicità Rai.
Mi mostra i personaggi e le animazioni che devo svolgere all’interno della settimana; e se va bene ci sarebbero altri due episodi nelle settimane susseguenti. Deve consegnare prestissimo le tre pubblicità complete e non ha nessuno. «Ti promuovo ‘assistente animatore’!» – Perbacco,! penso io – «con me farai carriera!»… Un’altra di quelle frasi già ascoltate ai tempi di Alice, ma questa volta la prendo del tutto con allegria. Mi da tutti i Lay-Out e le basi occorrenti, dicendomi che deve scappare perché ha affidato le coloriture dei rhodoid già iniziati a uno studiolo, dandoci appuntamento a qualche giorno dopo.
Tornando la mattina dopo, noto sul citofono la targhetta ‘Passacantando’ con sopra scritto ‘Stelio’… ‘e Olio’, leggo aggiunto a penna…
Ed ecco la consegna della prima parte: le prime animazioni vanno bene ma una scena dice che non va: comincia con la matita a correggerla; è mancino anche lui come Gibba e me; e noto che ha anche un’ottima mano, proprio quella classica da animatore, visto che i suoi lavori spesso si avvalgono di un segno un po’ personalizzato… A mio avviso la scena va benissimo e a casa la correggo per il giorno dopo; Pare che ancora non vada… Ma se il regista è lui bisogna accontentarlo!… Quando si fissa Passacantando non gliela togli più e ho paura di continuare tutta l’estate coi rifacimenti di questa sequenza col missionario che rema coi bimbi in pagoda…
Cosicché prendo le animazioni con le sue ‘correzioni’, le ripasso, e il giorno dopo pare vada ora a ‘perfezione’… Nelle tre settimane successive animo anche gli altri due episodi, consegnandogli il lavoro due volte a settimana, fra il caldo estivo…
Beh… nell’insieme, è stata un’esperienza divertente! E non dovendo pagare altri animatori se non me, guadagno anche abbastanza, circa una milionata e mezzo lavorando a casa qualche oretta e in pochissimo tempo…
E le vedo qualche mese dopo, colorate e definitive, anche diverse volte in televisione!
Fra il ’96 e il ‘98 Stelio matura molte soddisfazioni nel suo ‘Laboratorio dell’Immaginario’ relativo all’insegnamento didattico con l’infanzia cercando di cogliere e far uscire in ciascuno dei suoi piccoli allievi la parte più innata e istintiva, in altre parole sincera di ognuno di loro; e realizzando con la sua supervisione tre film delle Scuole di Ariccia e Nemi: “Un bosco da salvare”; “Un pesciolino da ritrovare”; “L’isola delle parole perdute”. Film realizzati dai piccoli alunni compreso soggetto, sceneggiatura, disegni, animazione e registrazione dialoghi, coordinati da Stelio Passacantando per il Progetto ‘Laboratorio dell’Immaginario’ i quali ritroveremo un decennio dopo alla personale a Castelli Animati.
Uno schizzo di Stelio Passacantando del ’64 regalato a Cristina Santilli dell’Anac
Un’altra sua caratteristica è stata la lotta per l’appartenenza a varie associazioni, club o gruppi élitari cinematografici e non: prima abbracciò l’Anac esecrando l’Unac in quanto fascista, poi definitivamente in rotta con l’Asifa dichiarandosi vittima incompresa del cinema d’animazione d’autore.
Ecco un documento pubblicato sulla rivista di cinema ‘Gulliver’:
«…In questo incontro, Gulliver ha anche affrontato il problema dei cartoni animati. Al tempo di Carosello nacquero aziende specializzate ad alto livello.
Finito dopo vent’anni il ciclo anomalo – per messaggi pubblicitari – di Carosello sono morte molte di quelle aziende pubblicitarie con quei simpatici personaggi frutto di quelle fervide creatività produttive.
E stata comunque la dimostrazione che esistevano le capacità artistiche, tecniche e professionali per continuare la produzione del cartone animato.
La Rai, servizio pubblico, preferì comprare i violenti cartoni animati giapponesi e preparare ad una quotidiana diseducazione i nostri bambini, come oggi continua ad acquistare, con il denaro pubblico, pessimi prodotti di fiction americane, lontane dalla nostra cultura, e continuare così quella stessa diseducazione che sembra essere il suo compito primario.
Noi dell’Anac continueremo a batterci anche sul fronte della TV dove la fanno da padrone poche produzioni legate alle grandi famiglie del potere di sempre e funzionari inattendibili, che negano quella pluralità di prodotto, primo dovere di un ente pubblico. La nostra associazione, nata dal circolo del cinema di Blasetti, Zavattini, De Sica, è sempre stata considerata una grande rompiscatole, sotto qualsiasi colore governativo.
Continueremo ad esserlo con battaglie leali specie oggi che ci troviamo di fronte anche persone amiche che stimiamo a cui raccomandiamo più umiltà e più attenzione.
Sono due mesi e più che ho fatto delle richieste via fax per incontrare l’esecutivo dell’Anac, perché si è creata una situazione “molto particolare” riguardo il cinema d’animazione.
Io vengo dalla pittura e anche se di sinistra e comunista sono stato sempre contrario al realismo socialista e alle teorie sull’arte di Renato Guttuso.
Ho cercato di fare un discorso culturale e politico all’interno dell’Anac sul cinema dal vero e sul cinema d’animazione. Iscritto da più di vent’anni sono sempre stato considerato un autore di “cartoni animati”, qualcosa di particolare, talvolta ridevano o mi prendevano in giro sulla computer grafica: “vuole fare topolino al computer”! Dopo qualche tempo alcuni autori dal “cinema” mi dissero: ma sai che avevi ragione?
Oggi il cinema sta cambiando tecniche e linguaggi, c’è la grafica, il disegno, effetti al computer, tecnologie avanzate: tutto questo lo scrissi in alcuni articoli circa venti anni fa.
Faccio da sempre un tipo di film non commerciale; sentivo che Citto Maselli affermava che si può fare cinema anche realizzando film di quattro o dieci minuti, ma ora tutto questo è scomparso, anche il cortometraggio. C’è la sinistra al governo, ma il problema del corto non è stato risolto. Ci sono giovani che potrebbero anche manifestarsi nel fare film brevi, di dieci, venti minuti. Attualmente non esiste una situazione di questo genere. Che fa il Dipartimento dello Spettacolo?
Sul cinema d’animazione in particolare si è creata una condizione molto inquietante contro la cultura e la libertà di espressione e l’emarginazione dalla produzione. Una forma di prevaricazione razziale di tipo fascista (dall’Associazione Asifa ho dato le dimissioni).
Ho chiesto un incontro diretto con l’esecutivo Anac per provare e dimostrare quanto dichiaro.
Tanto è vero che “La Lanterna Magica” è stata ceduta a Berlusconi.
Io come autore di cinema d’animazione e sperimentazione sono scomparso da tutte le agende, i cataloghi, la stampa. Questa persecuzione mi fa onore!
L’Anac sa la mia produzione, la mia partecipazione ai vari festival italiani e all’estero, in particolare in Argentina con il cinema italiano che ha riscosso molto successo; ho realizzato inoltre due lungometraggi, il primo proiettato al festival di Treviso, grande successo di pubblico e di critica, una decina di giornalisti rappresentanti di tutta la stampa italiana dall’Unità al Messaggero, dal Gazzettino al Tempo ecc., hanno scritto articoli a quattro colonne. Assente, all’incontro l’esecutivo Asifa! Perché?
Il secondo film dopo 3 anni sempre a Treviso è stato volutamente ignorato dagli organizzatori dei festival: l’esecutivo dell’Asifa (“pool di produzione”).
Era evidente che l’Associazione era contro la mia persona, un concorrente temibile per i loro progetti (vedi Amalfi e Positano). L’Anac dietro mia richiesta ha fatto un documento di protesta contro l’Associazione e la Rai.
La risposta è stata una presa in giro censoria, emarginando sia il film che la mia presenza, e tutto ciò lo proverò al momento dovuto.
Un proposito di portare avanti un certo cinema di animazione, prodotto da cooperative ben precise, emarginando altri tipi di produzione: in tutto questo vi sono elementi di qualunquismo culturale. Tutto questo posso dimostrare se mi si dà l’occasione del confronto e del dialogo.
Per valorizzare questi fatti vi è stato anche l’intervento di Ro Marcenaro, anche lui testimone, e di questo abbiamo parlato a suo tempo con Giuliano Montaldo.
Considero tutto ciò molto preoccupante per la libertà della cultura e del cinema e con l’aiuto dell’Anac vorrei andare fino in fondo al problema». (7*)
Inoltre, in quegli anni, sempre nell’ambito dell’attività del ‘Laboratorio dell’immaginario’, come docente e conduttore ha tenuto varie lezioni e seminari presso la Mediateca Regionale Toscana, Accademia Internazionale dell’Immagine dell’Aquila ed a Roma presso l’Istituto Cinematografico di Stato Roberto Rosselini, la FICC federazione italiana circoli del cinema e vari seminari all’Accademia di Belle Arti di Roma. Come esperto sul cinema d’animazione, ha tenuto convegni e scritto vari articoli sull’argomento. Ha partecipato nelle giurie di numerose rassegne, e recentemente come giurato all’International Short Film Festival di Siena. E’ stato nominato varie volte membro nelle Commissioni Film per Ragazzi e nella Commissione Premio David Scuola 1996-97 e 1998 presso il Dipartimento dello Spettacolo.
Vero è, pensandoci, che Passacantando dal carattere spigoloso e isolato, una volta rimasto solo divenne più accentuato nella sua stravaganza.
Abbiamo ritrovato, grazie alla segretaria Anac Cristina Santilli, un intervento di Stelio Passacantando risalente al lontano 1977 all’interno della pubblicazione “Tempo di Dibattito” nella quale sono raccolti insieme i più significativi documenti elaborati nell’Associazione Nazionale Autori Cinematografici ANAC-unitaria nei suoi due primi anni di vita (1975-1977):
«Non si può parlare di rinnovamento usando linguaggi del passato per esprimere idee e concetti progressisti.
Il cinema nell’attuale situazione deve trovare la forma e la volontà di svecchiarsi, liberando da concezioni conservatrici cercando di allinearsi a linee culturali più avanzate di altri linguaggi artistici. Assistiamo oggi a una produzione di film da sottocultura, dove si cerca di mascherare l’assenza di contenuti a vantaggio del più basso consumismo con opere stucchevoli e ripetitive. Le ragioni indubbiamente sono: la mancanza di spazio commerciale per un certo cinema impegnato, dovuto da una parte alla contrazione del capitale che non permette una libertà d’espressione coraggiosa, dall’altra alla mancanza negli anni passati di sperimentazioni su nuovi linguaggi, venendo così a mancare, a differenza del giovane cinema americano, la formazione di nuove leve per un rinnovamento del cinema, di cui oggi cominciamo ad avvertire l’esigenza. La formazione di un centro di sperimentazione e di ricerca permetterebbe a molti giovani di aprire spazi nuovi con intenti culturali e divulgativi, per un discorso contrapposto ad un certo cinema “serioso” e spettacolare. Occorre cioè promuovere dialoghi con altre discipline, assumendo tecniche diverse, anche d’animazione, da utilizzare per la ricerca filmica, in un capovolgimento d’istanze ed esperienze visive. Si tratterebbe in altri termini di valutare ogni possibilità in direzione di una nuova visualità come portatrici di contenuti antitradizionali o rivoluzionari che proprio dal nostro cinema son stati elusi sin dai tempi dell’avanguardia storica. Il cinema deve porsi sul piano degli altri mezzi espressivi così da far sentire i legami che lo uniscono alla pittura, al teatro, alla musica e alla poesia, in un’epoca in cui la separazione delle arti non è soltanto superata, ma vi è addirittura la compenetrazione di queste con gli altri settori dell’attività umana (scienza, tecnica, progresso sociale) in una fitta rete di rapporti e interdisciplinarietà tali da non poterne bene identificare i confini. Si tratta di cercare e promuovere nuove forme di produzione, e ciò anche nel campo commerciale e popolare, rendendo difficile quindi una netta distinzione tra cinema e cinema: di ricerca o di consumo. E’ chiaro che una ricerca siffatta presenta dei problemi. Un intervento positivo dovrebbe venire da parte del Gruppo Cinematografico Pubblico: Cinecittà, Istituto Luce, Rai-TV. Occorre interessare anche le scuole, l’università e il Centro Sperimentale, perché dovranno essere proprio le scuole a determinare la conoscenza e la diffusione del linguaggio filmico. E questo dovrà avvenire con la più attiva collaborazione delle Regioni, Enti, Locali, istituzioni culturali e del Movimento Cooperativo Cinematografico. Occorre promuovere intenti di ricerca in tutte le direzioni ed una produzione qualificante di film educativi, per ragazzi, didattici, videotape e tutta una serie di altre possibilità documentaristiche, prima tra tutte la televisione, possibilmente in interscambio col cinema. E’ un modo di garantire pluralità d’informazione e qualità di ricerca anche a costo di prove fallimentari, perché un cinema veramente originale ha bisogno di sperimentazione, di nuovi autori e di nuove idee che devono saggiare ogni tipo d’impegno, soprattutto politico-culturale, attraverso opere fatte in completa libertà creativa e fuori da ogni condizionamento economico.
Il problema è questo: ad ogni cambiamento delle strutture politiche economiche deve corrispondere promozione culturale; anche nel campo del cinema.
Con quale produzione sperimentale l’Italia si presenterà alle rassegne internazionali? Potrà rendere operante per noi l’art. 1 del nuovo statuto della Biennale che afferma che l’intento è quello di promuovere “manifestazioni internazionali, inerenti la documentazione, la conoscenza, la ricerca e la sperimentazione nel campo delle arti? Per tutte queste ragioni si propone, per il settore della sperimentazione, di formare una commissione di lavoro per analizzare e approfondire i problemi che possono interessare questo argomento specifico sottoponendo poi al Consiglio Esecutivo dell’Associazione i materiali elaborati». (8*)
Rivedo Stelio Passacantando due anni dopo, nel ’98, quando Bruno Di Marino – un valido ed esperto studioso di cinema sperimentale che si occupa anche di cinema di animazione – porta grazie all’interessamento di Adriano Aprà al Festival Internazionale del Cinema di Pesaro il Centenario dell’Animazione ‘Animania’. Lì sono invitati diversi esponenti e studiosi internazionali a scrivere in catalogo, e fra gli autori italiani c’è anche Stelio Passacantando.
In albergo, arriva in sala-pranzo furioso e chiedendogli il perché dice senza mezzi termini: «So’ incazzato perché non m’hanno citato nell’animazione italiana. Di Marino m’ha tagliato mezza filmografia e Raffaelli m’ha del tutto ‘scancellato’! Mo’ aspetta che lo vedo!»…
Cerchiamo di calmarlo.
«Hanno citato tutti! Ce stai perfino te!», dice indicandomi…
«Ah, ‘perfino’ io…», dico cautamente chiedendomi se voglia attaccar briga….
«Si… ce stai pure tu…», specifica cambiando tono di voce pensando che non l’avessi letto…
«Ah si?…», chiedo con una vocetta capendo che il ‘perfino’ era per la giovine età rispetto alla sua…
«Si… ce stai pure tu… Non sei contento?», chiede lui con la sua vocetta nasale invece in modo simpatico ed incoraggiante…
E poi non so cosa sia accaduto: Di Marino racconta che gli ha fatto una scenata davanti alla segretaria Angela Prudenzi ma il motivo del ‘taglio’ sulle note bio-filmografiche era dovuto al fatto che appariva troppo lunga quella inviata….
Mentre Passacantando, chiedendogli se avesse chiarito con Luca e cosa gli avesse detto, credendo che ero stato anch’io presente mi specifica che, obiettandogli il fatto d’esser stato omesso, gli sarebbe stato detto da Raffaelli: «Scusa, me lo sono scordato!».
«Sei uno stronzo!», gli avrebbe risposto senza mezzi termini Passacantando.
Una precisazione. Raffaelli recentemente mi ha specificato che: «La mancanza di Passacantando nel catalogo di Pesaro era dovuta al fatto che nella prima stesura, rivisitando in sintesi la storia dell’animazione italiana, la figura di Passacantando non aveva trovato posto. Proprio per la sua particolarità, lui era uno a sé stante. Mi ero raccomandato con Bruno Di Marino, di avere il tempo e la possibilità di fare alcune correzioni e una aggiunta, quella di Stelio Passacantando. Il giorno in cui telefonai a Bruno per dettargli correzioni e righe, il testo era già andato in stampa» (9*).
Come anche accade che vengono dapprima invitati sul palco lui e Francesca Ravello de Santi, bravissima animatrice sperimentale, nipote di Lina Wertmuller (ci teniamo a dire però che è assolutamente una non raccomandata visto che i suoi lavori li ha svolti esclusivamente per meriti personali).
Di Marino li presenta entrambi, e lui, sentendosi “livellato” ci tiene a specificare dicendo, «Lei era un’allieva mia!»… [allieva di Passacantando prima di passare al Centro Sperimentale con Zac].
Tornati a sedere, rifaccio furtivamente a Francesca la voce nasale, simpatica e un po’ polemica di Passacantando, di cui facevo bene l’imitazione: «…era n’allieva ‘mia’!»… Lei fa un risolino snob, senza accorgermi che lui le era accanto… Mi sente e mi manda ad alta voce ovviamente affanc…
Invitati poi sul palco Gibba e Passacantando, con in mezzo Di Marino che funge da spartiacque, entrambi accuratamente si evitano per ruggini ancora non rimosse risalenti all’epoca “FAX Film”.
Stelio comincia a prender le distanze “artistiche” dal collega… E Di Marino, un’ po’ alla buona com’è lui, commenta, «Ecco…mo’ cominciamo!…»…
E tutto un andirivieni di situazioni, fra lui e gli organizzatori del Festival, per il quale ogni volta che Passacantando passava c’era qualcosa da ridire tanto che Di Marino, tutto sommato nuovo a questo ambiente, diceva divertito alle organizzatrici riguardo questo personaggio bisbetico e stravagante definendolo «frustratissimo!…»…
Se però per Passacantando Animania fu il tradimento aggiuntivo di Raffaelli e Di Marino in quanto secondo lui entrambi parte dell’Asifa, indirettamente si è rivelato la sua fortuna: Di Marino si occupava relativamente da poco di animazione, privato quindi di preconcetti sui soliti favoriti e su quelli tagliati fuori, non avendo di fatto nulla in contrario ad inserirlo nella celebrazione del centenario mondiale dell’animazione, mentre Raffaelli aveva avuto soltanto una dimenticanza essendo Passacantando un autore abbastanza particolare ed isolato. Mentre invece, sempre dell’Asifa diceva c’era chi non lo invitava più ai festival, omettendolo ovunque: inoltre pare ci sarebbe stato chi, dell’Asifa, aveva lanciato il sasso nascondendo la mano e faceva in modo di non incontrarlo, e altri i quali invece avevano contatti con lui, parzialmente ignari di quanto sarebbe stato compiuto ai suoi danni sapendolo soltanto un personaggio un po’ bisbetico, ne subivano le conseguenze orchestrate da altre mani…
E quella “presenza” di chi come Di Marino era fuori dal gioco congiunta a quella “dimenticanza” involontaria di Raffaelli, fecero da reagenti al Pittore di Via Margutta il quale raggiunse l’acme della sua battaglia dopo un decennio di “isolamento”, tanto che fu lo stesso Luca a promuovere su Passacantando a Castelli Animati, nel frattempo diventato il più importante Festival di Animazione a livello mondiale, un’intera retrospettiva dei suoi film, soltanto a un anno di distanza dalla sua fine.
Ma torniamo al Giubileo. Nel 2000 mi arriva un fax di Stelio Passacantando, di cui, si intuisce, non sarei stato il solo destinatario:
INCONTRI “ARTE” ANIMAZIONE
Non intervengo a questi convegni prestabiliti, dove vige una censura preventiva ed emarginazione culturale, rischiano sempre di più di assomigliare a delle corporazioni dove gli autori artisti divengono una corte di burocrati privilegiati.
Non vi rendete conto che l’arte, la creatività, ormai va scovata dentro le strade della libertà! Non a caso stiamo assistendo all’appropriazione indebita dei territori artistici delle amministrazioni dei management della burocrazia, vedi anche alcune Associazioni!
Personaggini che vivono intorno alla ricerca artistica come se la stessa burocrazia politica si fosse messa a creare, a dirigere la cultura.
Sono impaurito, ci aspetta un domani sempre più qualunquista e antipoetico.
Per Chiara Magri
E Laura Fiori
da Stelio Passacantando
Roma, 10 Dicembre 2000
Si prega di comunicare agli interessati con lettura o copia del presente documento, grazie.
E ne chiede la diffusione ad una serie di persone dell’Asifa e non, fino a: «Emanuele Luzzati (presidente ignaro di tutto)»
In realtà né Chiara Magri – di cui nella confusione ricordo che s’era sbagliato con l’antropologa «Ida Magli» –, né tantomeno “Lalla” Fiori c’entravano alcunché – e lo ammise anche lui stesso qualche mese dopo: il punto è un altro, come accadde per altri dell’Asifa come Raffaellli e Di Marino: Passacantando pensava a una congiura organizzata e, in quell’occasione, se l’era presa con le due “vice” pensandole in combutta col “vertice”: …il presidente “ignaro” di tutto…
In fondo in quel fax c’era solo un tentativo di far notare un mondo in cui non si riconosceva più: «Sono impaurito, ci aspetta un domani sempre più qualunquista e antipoetico». Un uomo sempre più solo, sopraffatto da un mondo che andava cambiando…
Fax dello Studio Passacantando all’Asifa del 30/12/2000
Nel 2001 lo invito al Museo del Cinema di Roma dove faccio una presentazione di alcuni film d’animazione di epoca bellica per la prima volta proiettati; alla retrospettiva presenzia anche Passacantando; in quell’occasione presentiamo anche la sequenza di “Gian Burrasca “ (10*) di Sergio Tofano diretta da Luigi Pensuti e Luigi Giobbe, con l’aiuto regia di Felice Guidi (fratello del pittore Virgilio) e l’animazione di Antonio Attanasi; nulla ha però a che vedere col lungometraggio di Stelio! E in quell’occasione gli presento il direttore del museo.
Qualche anno dopo ho saputo che Stelio Passacantando ha ceduto migliaia di disegni, dipinti e cells, Verticale Franzon compresa, al Museo del Cinema di Roma.
Nel frattempo Passacantando aveva venduto il suo bellissimo attico di Roma, lo “Studio Margutta 42” e, rimasto solo, da un decennio era andato a vivere vicino al Lago di Nemi.
Lì, diceva, si era attrezzato coi computer e veniva due volte alla settimana a Roma.
Nel 2002 mi telefona chiedendomi se posso andare con lui a fargli da operatore per girare delle scene in 35mm per il provino delle scene iniziali, visto che al momento non aveva l’operatore, dovendo fare – finalmente – un lavoro per la Rai!
Ovviamente ripenso, stavolta quasi con nostalgia, ai tempi di “Alice”. E comunque accetto.
Mi sono da poco lasciato con la mia ragazza con la quale convivevo e mi intristisce enormemente ritrovarmi solo in casa… Ma almeno mi distraggo un po’…
Ci diamo appuntamento una domenica di fine gennaio fuori agli studi di Cinecittà.
Lui è in auto e ha dietro tutta una cartella con figure colorate a ritagli.
Arriviamo poco dopo la curva che va ai Castelli in un magazzino-garage dove c’è l’enorme Franzon, un’altra che acquistò il decennio prima durante la lavorazione de “Lo Specchio delle Meravigli”e per una trentina di milioni di lire. Intonsa come le altre su cui lavorai.
Erano le 15 e ancora alle 21,30 non si è finito di girare; una giornata persa per poche decine di euro: lui muove i personaggi e io scatto! e per di più al buio invernale al “caldo” dei fari che illuminano l’ambiente pesto; ancora pretende quella sudditanza… mi sembra di esser veramente tornato ai tempi di “Alice”, i quali, adesso, non rimpiango affatto… Strano perché nell’animazione, pur con le sue fisse, non era così… Ma per la ripresa evidentemente si…
Potevo dirgli no – penso fra un suo urlo e un altro riguardo le scene girate; Mah… aspettiamo tanto ormai la domenica è persa e per di più al buio… tanto a casa sono ugualmente solo – penso distraendomi quando, tanto per cambiar discorso, chiedo: «Lei ci crede in Dio?».
«Certo che ci credo… Lo sai: Dio è dentro di noi!», mi dice Passacantando convinto, quasi ‘ispirato’.
Però, che buono quest’uomo ormai anziano che ha combattuto una vita intera contro le ingiustizie, il quale, senza sventolii… ‘democristiani’, segue nel suo cuore il messaggio cristiano… – penso io…
Finite le ultime scene stacca tutto, fari e corrente, prende dal corpo macchina lo chassy per estrarre la pellicola girata e metterla nel sacco al buio, quando, in questa operazione così delicata, qualora filtri un fascio di luce o casca la pellicola, tutta la fatica e il lavoro sono compromessi. Ma proprio durante quell’operazione delicata al buio totale, mentre l’aiuto, si sente un tonfo a terra… e da parte sua una bestemmia a voce altissima!
Soli, al buio, non sapevo come trattenermi da ridere, soprattutto per quell’ambiente buio quasi spettrale e quella bestemmia ascoltata con la sua inconfondibile voce… Fra il blasfemo e il sarcastico… Qui se rido mi caccia! E con questo buio Dio ci fulmina all’istante!…
Qualche giorno dopo mi invita a Cinecittà a vedere in proiezione il girato: è più che soddisfatto; mi dice che i disegni li avevano fatti secondo la sua guida i suoi bambini, i piccoli allievi del suo ‘Laboratorio dell’Immaginario’, i quali gli avevano dato tante soddisfazioni negli ultimi anni di vita, lontani – diceva – dai giochi di potere degli adulti che l’avevano ingiustamente tagliato fuori.
Questo filmato, mi racconta, è per una serie delle Storie della Preistoria, un’idea tratta dai racconti di Moravia, il quale conosceva bene quand’era in vita e con lo scrittore si stimavano reciprocamente; episodi i quali doveva consegnare completi per Rai Educational entro poco tempo.
Poi fuori dal reparto Titoli e Truke, racconta che è riuscito per miracolo ad avere questo contratto in Rai senza passare per un funzionario che controlla tutto, dicendo che da anni ce l’aveva immotivatamente con lui; perfino a Rai Educational aveva potere d’interferire quando lui stesso fu tra i primi se non il primo a lavorare per la struttura educazionale dai tempi in cui ancora si chiamava DSE: sapendolo momentaneamente ‘assente’ – spiega – è riuscito a andare, senza quindi passare per chi lo ostacolava, portando con sé tutti gli articoli, “Gian Burrasca” in testa, da uno dei dirigenti principali, non ricordo se Parascandolo in persona, il quale meravigliato da tanta rassegna stampa, gli avrebbe detto: «E lei con tutta questa attività perché non l’hanno mai chiamata?!».
«Sa… ci sono delle ‘gelosie’…»… omettendo il resto nonché il nome di chi lo ha tagliato fuori perché ne aveva il terrore sapendo che poteva interferire…
Fuori dagli Studios, riguardo alla sua rentrée in Rai, quasi con spavalderia mi esibisce i vari articoli che ha con sé, anche uno che lo riguarda ricevuto recentemente ma… indecifrabile: interamente scritto in arabo!
Due anni dopo, nel 2004, mi racconta che, essendo soddisfatti in Rai del lavoro svolto, gli hanno affidato altri episodi delle Storie della Preistoria ma che doveva consegnare quanto prima e, dal momento che si era rotto il “dente” della Franzon, il carrello dentato in ferro dove passa la pellicola cioè, non poteva riprenderli in video vedendosi poi la differenza tecnica difficilmente amalgamabile.
E’ un problema, non essendoci più il meccanico Franzon, ed essendo venuto a mancare anche il suo storico tecnico “Angelo” si sarebbe dovuto rivolgere a un tornitore… E le scene gli servivano al più presto.
Sono più di 7 minuti di girato su una ventina complessivi e bisogna riprenderli in due-tre giorni…
Essendo ormai un po’ fuori dal giro e non essendoci più tante Verticali mi chiede se posso interessarmene…
Trovo la disponibilità di Luigi Masci, bravissimo operatore allievo del pioniere degli effetti speciali Ugo Amadoro, che gira con una Franzon, dandoci appuntamento quanto prima al suo Studio Elle.
Passacantando, però, stupendomi, dice di essere impossibilitato a poter venire, impelagato nel montare gli episodi in video; che ormai ero grande; che in diverse occasioni aveva vagliato la mia bravura, ecc… E quindi dovevo girare tutto da solo.
Ahi! Già capisco che col découpage tutto è opinabile per cui potrebbe poi farmi storie sui pagamenti…. Di certo l’affitto della Verticale va pagato… Comunque, tacendo, acconsento…
Ci incontriamo, mi consegna due rulli di pellicola Kodak da 120 mt. raccomandandomi di sprecarne il meno possibile, e oltre diverse scenografie mi dà una specie di scatola in legno, tipo cofanetto contenente tutti pezzetti di carta da assemblare in fase di ripresa: la giraffa, il dinosauro, il camaleonte, l’unicorno e altre cose da muovere…
E ci congediamo, quando si vede lui che fra mille premure mi consegna questa “scatoletta”…
Siamo in prossimità di S. Pietro e evidentemente siamo visti in lontananza; lui, cappello e capelli bianchi lunghi che sfreccia via in auto e io che riparto a tutto gas con la mia…
Dopo il tunnel, una macchina sembra mi segua; accelero e, dopo una curva, tagliandomi la strada con una frenata brusca sento la sirena: scendono bruscamente i finanzieri dicendo: «Scendi, è finita!»…
«Ma ‘finita’ che?!?», dico io più che impaurito incredulo…
«Dov’è, dov’è la scatoletta? Daccela!»…
«Ma cosa?!»…
«Ah eccola qua!», dice il militare prendendola di scatto cercando di forzarne l’apertura…
«Nooo!», supplico io… Se cadono al buio si perderanno… Chi lo spiegherà a Passacantando – penso io…
Il finanziere convinto di chissà quanti chili di droga avrebbe trovato, una volta aperto il cofanetto saltano ovunque mille pezzi, arti di coccodrillo, di giraffa, zampe di rinoceronte… Lasciando del tutto spaesati i due militari… I quali, accortosi del singolare equivoco, quasi scusandosi, mi aiutano a raccogliere i vari pezzi cartacei, sparsi ovunque…
Quasi divertiti ammettono d’aver seguito a distanza tutta l’azione appartata fra due tali da loro ritenuti sospetti, Passacantando ed io cioè, e a “consegna” avvenuta mi hanno seguito!
Dopo tre giorni di ripresa, della quale lo informo quotidianamente, mi dice di consegnare a suo nome il girato direttamente a Cinecittà.
E a Cinecittà nuovamente per altri motivi, i tecnici Carlo Cotta e Romano Bellucci mi dicono che il girato di Moravia lo aveva già ritirato Passacantando…
Romano dice che lo ha visto da poco e se l’è portato con sé e non aveva fatto obiezioni, anzi con lui in moviola diceva che andava bene…
Meno male – penso. Uscito fuori dal reparto incontro Passacantando assieme al suo operatore Giovanni (proprio lo stesso del decennio prima di Alice) che con un sorriso un po’ spavaldo, contento del lavoro consegnato, era sul fatto perfino sfuggente… Dice che andava bene ma c’era ‘qualche cosina’… per cui doveva sottrarmi qualcosa dal pagamento…
Figurati! – penso io… Proponendo nientemeno che un dimezzamento… ma dovendo pagare anche la Verticale alla fine acconsente a pagare quasi interamente la somma pattuita…
Ma che non l’aveva al momento…. Dandomi appuntamento sempre di domenica sera, a un “bancomat” per prelevare i soldi prima di tornare a Nemi…
Delle sue “Storie della Preistoria” non ne seppi più niente ma furono invece completate e programmate su Rai Educational, attualmente presenti anche nell’archivio del Fondo Moravia.
Se ne parlò anche in uno studio scritto di un’esperta di comunicazione didattica quale Luisa Marquardt: «Come conferma anche l’esperienza del regista Stelio Passacantando che ha realizzato video animati con i disegni realizzati da bambini e tratti dalle favole di Moravia. A tale riguardo si riporta un estratto dall’URL, visitata il 9 giugno 2002,:“i bambini sono dei geni fino a 10 anni” è la frase di Calvino che passa cantando amava citare. Egli ha osservato che quando i bambini dipingono, esprimono una carica di vitalità incredibile, e quando si chiede loro di inventare qualcosa, si sentono utili. Le immagini delle unità lo documentano: gli alunni dimostrano interesse nella spiegazione degli esperti, ma ancora di più nella pratica: disegnare, ritagliare, colorare gli sfondi di animazione e i personaggi della storia. I bambini si dimostrano anche abili nell’usare programmi di computer grafica». (11*)
Gli autori italiani per la maggioranza preferiva ignorarli, apportandogli non altro che delusioni, dei quali, però, gli piaceva solo Guido Manuli, che definiva «un artista», e il sant’uomo di Lele Luzzati; mentre, al contrario della maggioranza di loro, seguiva gli autori esteri, ammirando “When the Wind Blows” di Jimmy Murakami, ricordando i tempi in cui lavorò a fianco a lui, e ultimamente, sopraffatto da un “mondo tecnologico” in cui non si riconosceva più apprezzando de “La prophétie des grenouilles”, il film d’animazione di Jacques-Rémy Girerd; come anche una sera mi telefonò entusiasta dicendomi di guardare subito in televisione, ma che stavo già seguendo, “Les Triplettes de Belleville”, l’interessantissimo lungometraggio firmato da Sylvain Chomet.
Il film di Chomet aveva certe accordante stilistiche con la sua elaborazione di “Alice” tanto che, se pur con tutte le limitazioni tecniche di budget ridottissimi a confronto dovendo operare in Italia, fra chi gli si opponeva e i finanziamenti scarni di cui beneficia il cinema d’autore, i suoi film d’animazione potevano esser senz’altro realizzati al meglio all’estero, se non si fosse continuamente taciuto volutamente e con accanita malafede il suo nome, impedendogli finanziamenti e qualsiasi altro pur di ostacolarne la produzione attraverso logiche da veri e propri “clan tribali”.
Una volta nel 2003 mi reco a trovare Giulio Gianini a casa, e in terrazzo mi parla che questa “casetta” (uno splendido superattico in Via Margutta) gliela lasciò il papà (ingegnere aeronautico della Savoia-Marchetti, N.d.A.), il quale possedeva diverse case in zona…
Raccontando d’esser stato da poco a trovare Gianini, Passacantando tira fuori un’altra delle sue simpatiche frustrazioni dicendo, «Macché il padre… Gliel’ho venduto io il superattico!!!… Per 60 milioni! Lo sai che manco mi saluta?!»… Chi di loro diceva il vero? In effetti Passacantando pare avesse in Via Margutta l’attico e il superattico e venduto quest’ultimo a Gianini, sentendosi visto dall’“alto” fu per un ulteriore motivo di frustrazione professionale e artistica…
Nel 2006 mi chiama per invitarmi a una “personale”, l’ultima che ha fatto, in via del Babuino presso il famoso Caffè Notegen, intitolata “Le Maschere del Potere” coi tanti volti rielaborati del suo Generale di Neruda.
La mostra si rivela molto interessante e Passacantando insiste per invitarmi a pranzo… Ormai gli anni erano passati, e ci diamo del tu. Mi racconta inoltre, nonostante le battaglie in Italia contro i mulini a vento, d’aver ricevuto recentemente in America per i suoi film d’animazione il Premio ‘Hollywood International Cinema Arts Screenings 2005’.
E qualche mese avanti mi chiama per invitarmi a una personale dei suoi film a Villa Borghese, alla Casa del Cinema a Roma, promossa dall’Anac e presenziata da Citto Maselli.
Raggiunto la domenica pomeriggio, è tutto contento e mi invita prima dell’inizio a prendere un caffè, con la sua rassegna stampa in mano, raccontandomi che la mattina stessa è uscito un articolo in edizione nazionale su L’Unità a firma di Pallavicini che riguarda la personale in corso che dà questo spazio a lui come Truffaut:
«Gian Burrasca e Truffaut? Che c’azzecca? direbbe un nostro ministro. Eppure a legare il celebre Giornalino, scritto da Vamba, e I quattrocento colpi, firmati dal regista francese, ci ha pensato Stelio Passacantando. Che nel suo lungometraggio animato, Il Giornalino di Gianburrasca (1992) ha reso omaggio a Truffaut, facendo giungere Giannino Stoppani, in fuga dal collegio, sulla riva del mare e facendogli affidare alle onde una barchetta di carta con su scritto «Evviva la giustizia e la libertà»: proprio come il protagonista del film francese. Questo bel lungometraggio animato – realizzato con una grafica ispirata ai disegni originali di Vamba e con inserti di filmati d’epoca – lo potrete rivedere oggi (ore 17) alla Casa del Cinema di Villa Borghese a Roma, nell’ambito di un omaggio a Stelio Passacantando. Sarà quasi una festa – presente l’autore che incontrerà il pubblico, presentato da Citto Maselli – che l’Anac ha organizzato per questo regista nato a Roma nel 1927. Con una formazione all’Accademia di belle arti nel corso di Toti Scialoia, Passacatando si è sempre interessato di cinema sperimentale e d’animazione. Negli anni Sessanta ha lavorato in Gran Bretagna a fianco di George Dunning, regista del celeberrimo Yellow Submarine. Realizzatore di interessanti cortometraggi (alcuni di questi si vedranno in una mini-rassegna, alle ore 15, sempre alla Casa del Cinema), Passacantando ha diretto anche un secondo lungometraggio animato, Lo specchio delle Meraviglie, tratto dalle opere di Lewis Carroll». (12*)
Mi accompagna a vedere tutto un piano allestito coi suoi disegni, scenografie, bozzetti, dipinti, ecc… Da “Alice” al “Generale”, da “Gian Burrasca” al “Petruska”, ecc… Mi dice anche che Boris, sempre a Londra, ha già pubblicato libri (13*) come illustratore, i quali vengono tradotti in diverse lingue in tutto il mondo. Mi spiega inoltre che è da poco andata via un’ex segretaria dell’Anac la quale diceva di conoscermi e di volermi salutare essendo stata mia compagna al liceo artistico: Barbara Filippi. Ci tiene inoltre a dirmi che negli ultimi anni stava scrivendo un vero e proprio “kolossal”: nientemeno che un libro sull’Asifa!
Due libri illustrati da Boris Joh Passacantando: A Secret Promise e Das Panda Mädchen
D’altronde, è stato difficile reperire e vedere il suo materiale, Passacantando, come tutti gli artisti era molto geloso delle sue opere, non volendo mai lasciare nulla di suo in giro. Molto difficile attualmente una catalogazione e un recupero; molte cose sono state lasciate in giacenza come alcuni materiali di girato 35mm, ancora in deposito a Cinecittà, mentre l’Istituto Luce dovrebbe avere in archivio i negativi del “Gian Burrasca”.
A tal riguardo desidero riportare una breve lettera scrittami in merito da Renato Pallavicini:
«Caro Mario,
Mi fa piacere risentirti e mi ha fatto molto piacere la tua bella lettera. Per quanto riguarda il materiale sul bravo Stelio, purtroppo, non credo di poterti molto aiutare: sicuramente non ho foto di lui; più probabile che riesca a rintracciare, scartabellando tra le mie carte, gli articoli che ho scritto su di lui. Dammi un po’ di tempo e ti farò sapere. Intanto grazie ancora per le tue belle parole.
Un caro saluto
Renato Pallavicini». (14*)
Ma torniamo alla mostra alla Casa del Cinema. Finalmente ha inizio la presentazione dei suoi film preceduti da una lunga e appassionata presentazione di Citto Maselli.
Stelio fra gli appassionati botta e risposta ci tiene a ricordare, «Io, essendo nell’Anac, ho cercato di presentare, come autore, un cinema diciamo grafico, di colori, di animazione, allo stesso livello di un film d’autore dal vero. Tant’è vero che moltissimi anni fa ho scritto diversi articoli dicendo che la grafica, la pittura, il computer, saranno tutt’uno con il vero, ecc. C’è una metamorfosi e tutto quello che sta avvenendo adesso col computer è l’unione tra la grafica, la pittura, il cinema… Quindi l’autore è un autore, poi come si esprime si esprime».
Fra un film e l’altro, accanto a lui in platea, ascoltando Maselli che prosegue, Passacantando mi indica la prima moglie Fiorella, seduta fra il pubblico, la quale in questi ultimi anni gli si è riavvicinata e, con molta dolcezza, cerca di recuperare e di valorizzare l’opera filmica e artistica dell’ex marito Stelio, col quale stette fino al ’70.
Rivedo anche, dopo un decennio, una parte de “Lo Specchio delle Meraviglie”, “Alice in città” come è intitolato l’estratto e mi appare veramente con una luce nuova… Insomma avevano realmente messo a morte un pioniere innovativo della cinematografia d’animazione italiana…
E, finito il tutto, Passacantando, pieno di articoli nuovi e precedenti, dice che non aspetta altro che presentarsi con tutto quanto ai Castelli Animati, manifestazione la quale si sarebbe tenuta di lì a breve, al fine di fare una scenata…
Vedendolo forte del successo alla Casa del Cinema cerco di calmarlo quando senza sentir ragioni aggiunge, «Si, si: mo’ me sente!», riferendosi probabilmente al Direttore Artistico del prestigioso Festival Luca Raffaelli, a seguito della svista del decennio prima a Pesaro….
Infatti… Mi chiama per chiedermi se vogliamo andarci insieme, minacciando che non l’avrebbe fermato nessuno dal fare «un casino!».
Non voglio accompagnarlo per altri motivi riguardanti Raffaelli e me che non gli specifico, e pensando volessi stare col “piede in due staffe”, venendo cioè alla Casa del Cinema e non volendolo appoggiarlo ai Castelli Animati, chiude seccamente la telefonata dicendo, «Eh… sei ambiguo!»…
Ma la cosa con me pare non abbia conseguenze a lungo termine…
Anzi… Mi chiama a scenata compiuta per dirmi, «Non sei voluto venire, eh? Sono indistruttibile! Un grande trionfo di pubblico!!!»…
Cerco di evadere visto che m’ero sottratto dall’accompagnarlo, motivo per cui non so cosa sia effettivamente accaduto…
Ho saputo solo recentemente che Passacantando, portando con sé un nutrita documentazione comprovante una serie di “prove” a suo favore, fece sul palco del festival una sonora sparata in pubblico, un’esibizione fra il drammatico e il pittoresco, commentando ad alta voce al microfono quando, in quell’occasione, era presente anche Michel Fuzellier, allora Presidente proprio dell’Asifa, il quale ascoltò il dramma umano di quest’uomo in presenza di molte persone…
Fatto sta comunque che l’anno dopo a Stelio Passacantando viene promossa un’intera retrospettiva al prestigioso Festival Internazionale diretto da un mega esperto qual è Luca Raffaelli…
E Raffaelli, che non l’aveva con lui, ma di cui Passacantando era convinto d’esser il capro espiatorio di una congiura ai suoi danni ordita da più persone, aveva visto giusto: il meritato riconoscimento ad un importante pioniere italiano la cui opera andrà valutata seriamente con gli anni a venire, promuovendo una retrospettiva filmografica all’interno del Festival più accreditato al livello internazionale. Bel colpo. Soprattutto se si pensa che dopo quel coronamento per la sua carriera, dopo appena un anno, incredibilmente per tutti, Stelio Passacantando se ne andò.
Castelli Animati 2008: Luca Raffaelli al microfono con Stelio Passacantando, a sinistra Paolo Di Girolamo e di spalle Vincenzo Giorgio Castrovillari
Ma poco prima del trionfo ufficiale a Castelli Animati, lo incontrai nei pressi di Piazza Venezia. Non sapevo però che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto Stelio Passacantando.
Mi chiede di accompagnarlo. Sta recandosi in Campidoglio ai funerali di Sandro Curzi, suo carissimo amico d’infanzia da poco scomparso.
Con lui facciamo le condoglianze alla figlia Candida, giornalista capo dell’Ansa, alla quale ci tiene a raccontare che conosceva il padre sin dai tempi d’infanzia e della gioventù comunista.
Sui giornali, pochi mesi prima era uscita sulla stampa nazionale una di quelle situazioni scandalistiche delle intercettazioni telefoniche riguardanti il Direttore Rai Agostino Saccà con quello che sembra un curioso nome in codice «Passacantando»…
Inizialmente fu questo strano nome che richiamò l’attenzione dei Servizi, tanto che si era pensato che “Passacantando” fosse un nome criptato di chissà quale velina o showgirl amante di un politico importante; poi si passò a pensare a “Passacantando” come programma televisivo Rai, visto il corrispettivo Mediaset di “Passaparola”!
Ma a chi si riferiva Curzi parlando a Saccà di «Passacantando»?
E il mistero è stato svelato sui giornali: proprio di lui, Stelio Passacantando!
Ricaviamone dei pezzi tratti da qualche dispaccio d’agenzia ritrovati in internet:
«Nelle intercettazioni finisce persino Sandro Curzi, che meravigliando tutti, la scorsa settimana al momento del voto ha preferito astenersi. Curzi segnala non attrici e vallette, ma un professore classe 1927, appassionato di cartoni animati. A giugno Curzi ricorda a Saccà di interessarsi a «Passacantando». In realtà non si tratta di un programma, come si legge sui brogliacci, ma di una persona. Dopo due settimane il manager chiama un certo Luca e chiede di far lavorare Stelio Passacantando, ex Accademia delle Belle Arti e docente di cinema nelle scuole. Saccà in questi giorni è stato definito un genio del prodotto, osannato da decine di attori e registi che lo hanno difeso in una vibrante lettera pubblica. Tifosi eccellenti, ma in Rai in molti si sono legati al dito i giudizi inclementi che Saccà pronunciava al telefono su di loro: da Guido Paglia a Fabrizio Del Noce fino a Leone, definito una volta “topo di fogna” e un’altra “invidioso”». (15*)
Capito? Per (ri)mettere piede in Rai, un “vecchio Rai” come Passacantando, essendo un non raccomandato è costretto per la disperazione a far un giro incredibile pur di riuscire ad arginare in Rai il manager corrotto che lo ha omesso, supplicando un amico d’infanzia di contattare Saccà per farlo lavorare e, paradosso, apparendo sulla stampa nazionale, lui che non lo era, perfino il “raccomandato dei cartoon”!…
Ma quale ‘raccomandazione’!: il simpaticissimo ex Direttore del Tg3 chiarisce l’equivoco: «Appare anche Sandro Curzi, che segnala a Saccà Stelio Passacantando, vignettista e disegnatore di cartoni animati, classe 1927. Commento di Curzi: «Nessuna raccomandazione, è ovvio, solo la segnalazione verso un antico compagno che conosco dalla Liberazione… Dissi a Saccà se voleva incontrarlo. Poi non ne ho saputo più niente. Non so nemmeno se si siano mai sentiti». (16*)
Agostino Saccà e Sandro Curzi
Dopo il contratto per Rai Educational per Moravia, una volta saputo d’esser riuscito a ‘passare’, per sbaglio una volta sola, chi lo ostacolava in Rai fece di tutto epurandone perfino il nome, e lo sconcio ritornello contro la sua persona, umana e professionale, andava avanti da anni…
Stelio mi spiega che è stanco di combattere; dice di essersi confidato con le lacrime agli occhi all’amico d’infanzia Curzi, il quale, impietosito del fatto che in Rai ne succedono di tutti i colori, fece semplicemente la telefonata al Direttore Generale della Rai chiedendo di farlo lavorare.
In quell’occasione Passacantando mi svelò come stavano realmente le cose: la strategia fu stabilita a monte quasi vent’anni fa. Fecero, all’interno di un gruppo del quale faceva parte anche lui, una riunione fra pochissime persone. Dal momento che i lavori all’epoca scarseggiavano e le relative assegnazioni da parte della TV di stato non erano neanche facili, l’unico modo era di infiltrare uno di loro in Rai in modo che potesse, senza sospetti, far assegnare enormi quantità di soldi pubblici a ciascuno.
Uno di queste persone, tramite delle conoscenze politiche, era riuscito finalmente ad entrare in Rai, in modo da poter far assegnare ingenti finanziamenti pubblici ad alcuni di quelli corrotti disponibili a pagargli le tangenti sottratte dai budget Rai fatti assegnare grazie al suo avallo.
Passacantando non c’è stato ed è stato completamente messo al bando. A niente sono valse le sue proteste, ecc, il manager ha proseguito, semplicemente ignorandole.
Solo di recente è venuto a sapere che il materiale che aveva lasciato per i suoi progetti non esisteva, le tante promesse di anni ogni volta che, fuori dalla Rai gli capitava di incontrare il manager fra le sue mille promesse, ecc, appurando che di lui in Rai non esisteva niente: perfino il suo nome era stato cancellato, o meglio mai scritto neanche tra quelli che vi potrebbero lavorare!
Negli elenchi infatti risultavano soltanto quelli candidati a cui poter assegnare i fondi pubblici.
Alcune delle serie, non tutte evidentemente, e non ricordo se anche per i lungometraggi, godevano a monte dell’approvazione di questo manager Rai corrotto. Non mi specificò se questa persona fosse adibita all’animazione o alla fiction, ma diversi autori italiani e forse internazionali ne sarebbero coinvolti.
Diceva anche che i dirigenti e i vertici Rai sarebbero tuttora all’oscuro della faccenda, e questa sconcezza continuerebbe alla grande all’insaputa di tutti.
Non qualche migliaia d’euro come la maggioranza ignara potrebbe credere pensando a “pupazzetti” ma milioni e milioni di euro: miliardi su miliardi delle vecchie lire, per intenderci!
Ma a Stelio non interessava rovinare chi aveva decretato la sua rovina. Semplicemente si era trovato in una situazione più grande di lui: voleva soltanto continuare ad esprimere le sue idee e c’era in Rai chi costantemente glielo impediva…
Ma non decentriamo l’attenzione dall’altro problema… Quello scoperto dall’ormai anziano e stanco Stelio Passacantando era soltanto la punta dell’iceberg che scoperchiava un settore ancora non testato della corruzione in Italia: la produzione di cartoni animati.
Prima di Natale 2009 Passacantando mi chiama per gli auguri ma non ero in casa. Lo richiamerò – penso… Ma al momento non ricordavo esattamente il prefisso… Tanto ci sarà tempo… E invece…
Mi arrivò nel gennaio 2010 un sms che segnalava i “funerali di Stelio”… Richiamando subito era nientemeno Luca Raffaelli il quale aveva dato la triste quanto inaspettata notizia, raccontandomi d’esser stato l’ultimo a vederlo.
Ma facciamo un piccolo passo indietro.
Come detto, ricevere finalmente l’attenzione al più importante Festival fu per lui l’inizio di un riconoscimento definitivo; dopo anni di esclusione ingiustificata in Rai, tramite l’amico Sandro Curzi era riuscito a tornare a fare l’ultimo film d’animazione, lasciato incompiuto, per la sua improvvisa scomparsa.
Del filmato, non portato a completamento ne abbiamo notizia grazie alla segretaria dell’Anac alla quale per Natale, al posto d’un biglietto d’auguri, volle offrirle un’immagine con dedica tratta dalla sua ultima opera d’animazione: “Orlando e Angelica”.
Una rielaborazione dell’opera di Gianni Padoan tratto dell’Ariosto, agganciando la tecnica del cinema d’animazione tradizionale, con le nuove tecnologie digitali. Del soggetto per la Rai, è riuscito a portarne a compimento una parte.
Cristina Santilli, esperta di cinema e segretaria dell’Anac, mi spiegò relativamente all’ultimo lavoro che Passacantando stava realizzando per la Rai. Ne era intanto uscito un pilota di 7’, spiegando che anche per questo nuovo contrato viste le sue idee originali e anticonformiste, Stelio dovette lottare un anno per la sua definizione. Purtroppo, però – commentammo – non si sapeva, visto il carattere abbastanza schivo dell’artista, chi l’avesse di fatto realizzato per rintracciarne eventualmente la matrice.
Un mese dopo i funerali, salutai telefonicamente l’amico Franco Bianco, fra l’altro allievo di gioventù proprio di Kremos, e titolare con Selahattin Akbulut dell’affermato studio di produzione MatitAnimata. In quell’occasione accennai alla scomparsa pensando si conoscessero di nome… e invece: Franco Bianco era proprio il partner tecnico di cui si avvalse l’anziano cineasta-pittore per portare a compimento la sua ultima fatica per la Rai a metà fra cinema d’autore, cartoon e pittura, rimasta incompiuta.
Ecco un ricordo di Franco Bianco, che traccia il ritratto dell’anziano pioniere italiano del cinema di animazione: «Il mio incontro con Stelio Passacantando risale alla primavera-estate del 2008, quando come studio avemmo l’occasione di lavorare alla realizzazione del pilota di un suo progetto: “Orlando e Angelica”.
Naturalmente un po’ lo conoscevamo di fama, una volta, agli inizi della mia “carriera” di animatore ebbi modo di vedere il suo Gianburrasca al Cinema Dei Piccoli, ma mai avevo avuto occasione di incontrarlo di persona fino a quel momento.
Cappelletto alla Clouseau, occhiali spessi, capelli lunghi e barba bianca: da subito il personaggio si presentava a dir poco pittoresco.
Ben presto ci rendemmo conto che lavorare insieme non sarebbe stata impresa da poco, essendo noi abituati ad un metodo di lavoro “industriale” che non si conciliava affatto con il suo incontenibile estro artistico, però la fatica e lo stress che ci aspettavano sarebbero stati compensati abbondantemente dalla conoscenza di questo grande artista, di una simpatia e di una ricchezza umana che non dimenticheremo mai.
Memorabili i pranzi al ristorante calabrese vicino la nostra sede di allora in cui, dopo il primo bicchiere di vino, cominciava a snocciolare aneddoti a non finire sul National Film Board o su “Yellow Submarine” oppure su Luzzati o sulle mille altre imprese artistiche che aveva condotto nell’arco della sua esistenza, ma raccontava anche delle sue ex mogli, del figlio illustratore a Londra, della sua grande amicizia con Sandro Curzi, che durava dai tempi delle elementari, per poi accompagnare l’ultimo bicchiere con qualche sana polemica indirizzata un po’ a tutto il mondo conosciuto, tanto per non fare torto a nessuno.
Ci portò delle scenografie originali da usare per il pilota di una bellezza rara e anche alcuni dei suoi film, tra cui ricordo la potenza del “Generale all’inferno” che impressionò tutti i presenti.
Colpito da questo apprezzamento il giorno dopo ci fece dono di una stampa del generale con tanto di dedica che tra traslochi vari rimase poi in attesa di una degna incorniciatura.
Ogni tanto parlava anche dei suoi acciacchi, dei controlli medici che avrebbe dovuto fare, ma se ne disinteressava completamente preso dalla passione per il suo lavoro.
L’ultima volta lo incontrai ai Castelli Animati poi purtroppo perdemmo i contatti.
A metà gennaio ebbi lo strano impulso di incorniciare finalmente la sua bellissima stampa, cosa che feci di lì a poco appendendola finalmente nel mio nuovo ufficio, un mese dopo seppi della sua scomparsa, avvenuta proprio in quei giorni».
Orlando e Angelica. Regia di Stelio Passacantando, Rai (2010)
Passiamo al finale.
Le notizie le abbiamo da Luca Raffaelli.
Sarebbe stato l’ultimo di noi a vederlo, il giorno prima della scomparsa.
Erano già diversi mesi che la sua salute andava peggiorando, passando per più degenze ospedaliere, Passacantando era stato ricoverato all’Ospedale S. Eugenio di Roma.
Dopo l’epifania, al numero di casa non rispondeva facendo occupato: evidentemente era successo qualcosa di grave: Stelio alla fine ha risposto al cellulare e, balbettando poche parole, è riuscito a far capire d’esser stato ricoverato alla clinica di Nemi Villa delle Querce, dove Raffaelli si è recato immediatamente a trovarlo pochi giorni prima della fine.
Gli portò – racconta – due pacchetti di caramelle. In fondo è un anziano – penso io – e tutti gli anziani tornano un po’ bambini…
Ma la situazione, non immaginata del tutto da Luca, pareva abbastanza compromessa. Probabilmente aveva un tumore, e il peggio sarebbe poi avvenuto a seguito di una complicazione polmonare.
Non avendo altri che se stesso, a 82 anni, capelli e barba lunghi e senza parenti, aveva dato al personale ospedaliero un’impressione dimessa: un anziano solo… anziché un artista del cinema di animazione….
E così è iniziato il suo calvario….
Raffaelli, trovandolo solo e in condizioni le quali non facevano presagire il meglio, soprattutto dopo che Stelio gli avrebbe detto, «… Che vivo a fare… Ho già vissuto abbastanza…»; frase di certo opposta all’animo ‘indistruttibile’ di come si definiva Stelio Passacantando.
Luca, vedendolo inoltre solo e abbandonato, ha avuto il sentore che era meglio parlare coi medici; e non essendo mai venuto nessuno dei parenti, non potendo saperne troppo a motivo della privacy, si è fatto dare da Stelio il numero telefonico del figlio…
Boris, da anni a Londra, è volato a Roma per un ultimo abbraccio con suo padre. Che fortunatamente, grazie a Raffaelli, si è potuto realizzare.
Raffaelli, chiedendogli come lo ha visto in ultimo, ha riferito di Stelio che gli è apparso: «Uno splendido vecchio… Era ‘meraviglioso’. Sembrava essersi rappacificato col mondo. Come il vecchio di Frédéric Back».
E da ciò possiamo intuire cosa Luca intenda: una persona dai tratti belli, onesti ed eleganti, quasi un’immagine sindonica, che con gli anni, tolti i lati spigolosi, si era reso senza’altro sempre più elevato spiritualmente, anche solare e luminoso, acquisendo progressivamente indubbia saggezza e chiarezza di ideali.
Ci incontriamo alla Chiesa di S. Maria del Popolo, detta non a caso “Chiesa degli Artisti”, in una situazione invernale e fredda; ma di un freddo di metà gennaio, dal cielo plumbeo e già luminoso appunto, che preannuncia la primavera, cioè la «Rinascita».
Un funerale sobrio ma anche elegante e raccolto: i familiari più ristretti, fra cui la mamma di Boris, seconda moglie di Stelio, e l’ultima, una giapponese; ma non si sono scordati dell’ultimo saluto gli amici di vecchia data, registi seri e di qualità quali Citto Maselli, Ugo Gregoretti e Paolo Cingolani; mentre il mondo dell’animazione odierno della “computer generation” pare non se ne sia quasi accorto, fuorché qualche vecchio come Giorgio Castrovillari, premio Oscar per gli effetti speciali per il film di John Houston, e, in primis, un grande esperto dell’animazione internazionale quale Luca Raffaelli, venuto assieme a sua moglie Francesca a dare le ultime parole di saluto a Stelio, commovendosi.
Chi ha officiato la celebrazione l’ha chiaramente ricordato nella luce come il «fratello Stelio».
Poi la comunione e gli incensi, e in un ultimo, un doveroso saluto finale…
Parla per primo Maselli «… Con Stelio dal ’47 ci conosciamo; dai tempi della Sezione Comunista Flaminio, assieme ad altri compagni, quali Galli, Sterpini, Curzi. Stelio si è sempre battuto contro le ingiustizie, contro la guerra denunciata incredibilmente col suo “Generale”…».
Poi si alza presentandosi Raffaelli, di cui ricordo qualche compassata parola: «Stelio Passacantando piantava alberi come il vecchio di Frédéric Back… In ultimo l’ho trovato sereno: Stelio si era riappacificato col mondo… Ciao Stelio!». Conclude commuovendosi in finale il grande Luca: un personalità, alto e imponente, tanto che tutti non osano mettere in dubbio il parallelo chiedendosi chi fosse mai questo ‘Frédéric Back’: un filosofo, un regista o un musicista famoso?
Ma Raffaelli non era andato fuori tema: Frédéric Back, Premio Oscar dell’animazione con “L’uomo che piantava gli alberi”.
Poi in ultimo si alza Boris con un saluto ancora più filiale, «Non un addio ma un arrivederci, nella speranza che la vita continui!».
E con questo salutiamo anche noi questo grande pittore e cartoonist contemporaneo che ha vissuto appieno un’epoca grandiosa e tragica come il XX secolo; un grande artista di un moderno fin de sieclè, che ha sempre combattuto con forza ogni ingiustizia, rimasto saldo alla sua fede sino all’ultimo, opponendosi fermamente ad ogni forma di corruzione e all’ammorbidimento generale delle coscienze.
Stelio Passacantando: un compagno, un fratello, una guida per le nuove generazioni. Un maestro del cinema d’animazione contemporaneo.
Mario Verger
RINGRAZIAMENTI ↑
Per le immagini di Stelio Passacantando si ringrazia Boris Joh Passacantando
Per le foto dei Castelli Animati si ringrazia Luca Raffaelli e Emanuela Marrocco. www.castellianimati.it
Si ringrazia Franco Bianco di Matitanimata
Per Orlando e Angelica e altri schizzi di Stelio Passacantando si ringrazia Cristina Santilli dell’Anac
Si ringrazia Alessandro Rossetti dell’Anac
Si ringrazia Citto Maselli dell’Anac
NOTE ↑
▪ 1
Stelio Passacantando – Presentazione di Citto Maselli alla Casa del Cinema, 12 novembre 2006 ↑
▪ 2
Parrocchiale di San Benedetto Abate, www.comune.caporciano.aq.it/sanbenedetto ↑
▪ 3
Dopo essersi formato con lo staff degli UPA, che includeva gli animatori Richard Williams e Teru Murakami, nel 1957, il famoso musicista dei Beatles George Dunning, fonda a Londra la T.V. Cartoons Ltd., producendo numerosi spot e film d’animazione per le più importanti Major dell’epoca. ↑
▪ 4
SEVENTEENTH ORDINARY SESSION, In re PASSACANTANDO, Judgment No. 107, THE ADMINISTRATIVE TRIBUNAL, Updated by PFR. Approved by CC. Last update: 7 July 2000 ↑
▪ 5
DER SPIEGEL, Nr. 13/1974 ↑
▪ 6
Saturnino Farandola, sceneggiato televisivo in quindici puntate. Regia: Raffaele Meloni. Sceneggiatura: Raffaele Meloni, Norman Mozzato. Cast: Mariano Rigillo, Daria Nicolodi, Claudia Lawrence, Donatina De Carolis, Attilio Cucari, Silvio Anselmo, Emilio Marchesini, Flavio Colombaioni, Franco Angrisano, Giovanni Poggiali
Puntate: 15 – Rete: Rai TV2 dal 07/04/1977 al 04/01/1978 ↑
▪ 7
Cinema d’animazione e libertà di cultura, Intervento di Stelio Passacantando, Gulliver, 3/2000, p.34 ↑
▪ 8
Stelio Passacantando, All’assemblea elettorale dell’Anac, in Tempo di Dibattito n. 6, pag. 96, 1977 ↑
▪ 9
Email di Luca Raffaelli a Mario Verger datata 11/05/2010 ↑
▪ 10
Gian Burrasca (1943) Regia di Sergio Tofano; sequenza in disegno animato: Regia: Luigi Liberio Pensuti e Luigi Giobbe; Aiuto Regia: Felice Guidi; Anim.: Antonio Attanasi; Fotogr. (bianco-nero): Luciana Pensuti; Prod.: Cineconsorzio; Lungometraggio. ↑
▪ 11
Luisa Marquardt, LETTURA FILOSOFICA PER BAMBINI. Un’esperienza con le Storie della Preistoria di Moravia, p.194 ↑
▪ 12
Renato Pallavicini, Stelio Passacantando viene festeggiato oggi a Roma Il Gian Burrasca che sa di Truffaut, 12 novembre 2006, p. 21 ↑
▪ 13
The Strange Case of Mister Bloggs and His 17 Dogs, by David Whitehead, & Illustrated by Boris Joh Passacantando, Beautiful Books, 2007
A Secret Promise by Cristina Crenguta Docan & Illustrated by Boris Joh Passacantando, Beautiful Books, 2007.
Das Panda Mädchen/Maman Panda, by Boris Joh Passacantando, 2008 ↑
▪ 14
Email del giornalista Renato Pallavicini de L’Unità a Mario Verger datata 28/01/2010 ↑
▪ 15
Saccà Connection. I progetti d’affari con Urbani. I raccomandati di Staderini, Petroni e Curzi, di Emiliano Fittipaldi e Marco Lillo, L’Espresso, 22 luglio 2008 ↑
▪ 16
Paolo Conti, Progetto Pegasus, nelle intercettazioni l’«interesse» di Urbani, Corriere della Sera, 24 luglio 2008, p. 11 ↑
FILMOGRAFIA DI STELIO PASSACANTANDO ↑
a cura di Mario Verger
FILM SPERIMENTALI
• Esperimenti di pittura su pellicola (1957-59)
• Il divenire delle forme – (1959), film dipinto direttamente su pellicola 35mm
COLLABORAZIONI CORTOMETRAGGI ITALIANI
• L’Armata Brancaleone (titoli). Regia di Gianini e Luzzati
• I Paladini di Francia. Regia di Gianini e Luzzati (1964)
• La gazza ladra. Regia di Gianini e Luzzati (1964)
• L’Italiana in Algeri. Regia di Gianini e Luzzati (1968)
• Alì Babà. Regia di Gianini e Luzzati (1970)
• Pulcinella. Regia di Gianini e Luzzati (1973)
• Il flauto magico. Regia di Gianini e Luzzati (1978)
COLLABORAZIONI CORTOMETRAGGI ESTERI
• Cortometraggi pubblicitari e commerciali. Regia: George Dunnig; Prod.: T.V. Cartoons Ltd., London, (1960-61)
• Charley. Regia: Alan Ball e Jimmy Teru Murakami; Prod.: T.V. Cartoons Ltd., London, (1965)
• The Adventures of Mr. Hero! film-pilota; sogg.: Roberta Leigh, Regia: Harry Hess; Prod.: T.V. Cartoons Ltd., London, (1966)
• The Ladder (1967), Regia: Richard Williams e Bob Godfrey
REGIA FILMATI FAO
• Videotape animati sulle opere musicali di Gian Carlo Menotti – per conto della FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations): Visual Media Section per la EAV (Educational Visual Inc. di New York) (1962-64)
PUBBLICITA’ RAI
• Carosello – con Harry Hess, Rai (1966-68)
CORTOMETRAGGI
• T.V. Cartoons Italia (1969)
Produzione di short pubblicitari e film sperimentali per gli Usa e Canada
REGIA CORTOMETRAGGI
• Lea e Tito, cortometraggio Rai (1978)
• Petruska, Rai TV /Francia (1982)
• L’uccello di fuoco, Rai TV / Francia (1982)
• Lo Schiaccianoci, Rai TV / Francia (1983)
• Il generale all’inferno, da Pablo Neruda con Arnoldo Foà (1984)
• Alice attraverso lo specchio, estratto, 10′ (1995)
• Alice in città, estratto, 10′ (1996)
OPERE TELEVISIVE, SIGLE E INTERMEZZI RAI
• Il poema a fumetti (Orphi und Eura), consulenza di Dino Buzzati, ZDF, Televisione Naz. Tedesca (1970)
• Intermezzo, sigle (1977)
• Saturnino Farandola (1977)
• Trenta minuti giovani – serie di vari personaggi storici: E. A. Poe, Maometto, Marco Polo, ecc. (1978)
• Tre pezzi facili, 4 filmati (1979)
• Il fumetto italiano (1980)
• Tanto tempo fa (1980)
• Il diario di Stefi (1983)
• I programmi dell’accesso (1983)
• Poker di Hitchcock (1984)
• Cronache d’altri Tempi (1985)
• Una canzone tira l’altra (1985)
• Aiuto alla Chiesa che Soffre – film ACS, Associazione Pontificia della Santa Sede, Pubblicità Rai, 3 episodi x 30″, (1996)
PROGETTI DIDATTICI
Progetto Scuola “Laboratorio dell’Immaginario” diretto da Stelio Passacantando (1996-98):
• Un bosco da salvare (5′)
• Un pesciolino da ritrovare (5′)
• L’isola delle parole perdute (5′)
Tre film dei ragazzi delle Scuole di Ariccia e Nemi, che hanno realizzato il soggetto, la sceneggiatura, i disegni, l’animazione e la registrazione dei dialoghi coordinati da Stelio Passacantando per il Progetto Laboratorio dell’Immaginario.
REGIA PROGETTI EDUCAZIONALI RAI
• La nascita del Cinema – Panoramica sulla storia del cinema dalla Lanterna Magica a Méliès, Rai DSE (1980) – Premio di Qualità del Ministero del Turismo e dello Spettacolo
• La grammatica dell’immagine, 3 unità x 30′, DSE – Dipartimento Scuola Educazione della Rai TV (1985)
• I linguaggi della comunicazione visiva, (Cinema dal vero; Grafica e pittura; Disegni animati), 3 filmati x 30′, DSE – Dipartimento Scuola Educazione della Rai TV (1986) – Con Interventi di Gianni Rondolino e Bruno Bozzetto
• Storie della Preistoria, tratte dai racconti di Alberto Moravia, Rai Educational (1992), 6 episodi:
– Quando Ba Lena era tanto piccola (Laboratorio dell’immaginario, 2002, 10′)
– Cocco Drillo, A. Vocetta e i pesci ballerini (Laboratorio dell’immaginario, 2002, 10′)
– Gi Raffa cerca se stessa (Laboratorio dell’immaginario, 2004, 20′)
– Come Cama Leonte diventò verde, lilla, blu… (Laboratorio dell’immaginario, 2004, 20′)
– Il salto di Dino Sauro (Laboratorio dell’immaginario, 2004, 20′)
– Unicorno e Rino Ceronte, il bestiario fantastico (Laboratorio dell’immaginario, 2004, 20′)
I racconti, in forma dialogica, con gli animali come protagonisti che si interrogano sul valore della vita, dell’amicizia, del pensiero, del rapporto mente-corpo…, sono il «pretesto» per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Film conservati nelle Teche Rai e presso l’Associazione Fondo Alberto Moravia
• La Grammatica dell’Immagine, Rai Mosaico, (2002)
COLLABORAZIONE LUNGOMETRAGGI ITALIANI
• Le avventure di Rompicollo. Regia: Gibba; Direz. Anim.: Kremos; Capo Scenogr.: Luigi Ricci; Aiuto Scenogr.: Stelio Passacantando, Prod.: Fax Film (1953-54)
• Tramby e le avventure di Bobby Trotter. Regia di Harry Hess; Direz. Anim.: Gibba; Scenogr.: Stelio Passacantando; Prod.: Fagi Film, incompiuto; il materiale fu utilizzato da Hess per una serie di caroselli (1966)
COLLABORAZIONE LUNGOMETRAGGI ESTERI
• Yellow Submarine, National Film Board (London), Anim.: Stelio Passacantando, Regia di George Dunning (1968)
REGIA LUNGOMETRAGGI
• Il Giornalino di Gian Burrasca (1992), durata: 81’, Prod: Studio Passacantando – Con il Contributo del Ministero Turismo e Spettacolo – Distr. Istituto Luce – Italnoleggio Cinematografico – Sceneggiatura Stelio Passacantando, Gianni Polizzi – Coll. Pr. Gabriella Macchiarufo – Soggetto originale: Vamba [Luigi Bertelli] – Cons. Dial.: Liliana Ginanneschi, Paolo Garelli – Dir. Fotogr.: Giuseppe Trentin – Oper.: Romano Bellucci – Tecn. Col.: Elide Camberini – Musiche Fabio Liberatori, – Superv. Mont.: Grazia Fedeli – Scenog.: Stefania Cacioli, Michelangela Turano – Anim.: Stelio Passacantando, Stefania Cacioli, Giorgio Castrovillari, Tiziana Ferranti, Gilberto Mandolesi, Boris Joh Passacantando, Yoshiko Watanabe – Dir. Prod.: Dante Cesaretti – Amm.: Giorgio Marchiani – Eff. Son.: Mario Giacco – Mix.: Adriano Torbidone – Direz. Dopp. (per la Open): Norman Mozzato – Ass. Dopp.: Vittoria De Masi – Int. (Voci dei doppiatori): Monica Ward (Giannino Stoppani detto Gian Burrasca), Elio Zamuto (il padre), Gilberta Crispino (la madre), Barbara Barengo (Ada), Laura Lenghi (Luisa), Chantal Chierici (Virginia), Stefano Onofri (Dott. Collalto), Graziella Polesinanti (zia Bettina) Mario Bombardieri (avv. Maralli), Elettra Bisetti (marchesa Sterzi), Vittorio Amandola (sig. Capitani), Fernando Cerulli (zio Venanzio), Willy Moser (prof. Muscolo), Fabrizio Mazzotta (Barozzo), Sergio Gibello (Stanislao, il direttore), Vinni Riva (Geltrude la direttrice), Paolo Vivio (Bellucci), Renato Scarpa (il notaio).
Trama: Un film d’animazione realizzato con un tipo di grafica ispirata ai disegni originali (volutamente infantili) di Vamba, l’autore del romanzo. Il film percorre le pagine del diario di Giannino Stoppani, dove commette ogni tipo di burla e bricconate varie, dimostra la sua insofferenza ad ogni autorità ed ipocrisia dei grandi, per una condizione tradizionale della famiglia: un ribelle dunque nel contesto di una Italietta fine secolo e perbenista.
L’inserimento di alcuni filmati d’epoca rendono con efficacia più diretta l’ambientazione in cui la storia si svolge, vi è nel fare di Gianburrasca uno spirito dissacratorio e venato di cattiveria che piace molto ai ragazzi che si identificano col nostro eroe, infatti ad ogni proiezione hanno mostrato una partecipazione intensa con risate, grida di liberazione e entusiasmo, e tutta la stampa presente al festival di Treviso in particolare ha marcato l’avvenimento con grandi titoli e articoli entusiasti. L’idea del film ha colpito il regista per due motivi che si incrociano: le avventure di Giannino che rispecchiano le stesse esperienze vissute nella sua infanzia e contemporaneamente nel film “I 400 colpi” di Francois Truffaut ha percorso eventi eguali a Gianburrasca. Da notare che nel film di Passacantando, in omaggio alla poetica di Truffaut, il nostro eroe, fuggito dal collegio anche lui, arriva al mare e sull’ultima pagina del diario scrive “Evviva la giustizia e la liberta” trasformando il foglio in una barchetta che affida alle onde e qui termina il filmato allo stesso modo dei “I 400 colpi”.
• Lo specchio delle meraviglie (1994), durata: 81’, Prod: Studio Passacantando – Con il Contributo del Ministero Turismo e Spettacolo – Sogg. orig.: Lewis Carroll – Scr.: Liliana Ginanneschi, Sceneg. orig.: Stelio Passacantando – Musica: Luca Spagnoletti – Personaggi: Boris Joh Passacantando – Anim.: Stelio Passacantando, Gilberto Mandolesi, Boris Joh Passacantando, Yoshiko Watanabe –
Tratto dalle opere di Lewis Caroll con intenti sperimentali: disegni, pittura e cinema. E’ un cartone animato visto da un pittore, dove l’autore rende omaggio ai grandi artisti del fantastico e del surreale, da Bosh e Ensor. Da Rousseau a Dubuffet, da Chagall a Escher, per dare esperienza educativa e di sensibilizzazione ai bambini e ai grandi.
Sarò spontaneo, sarò sintetico, sarò me stesso, così come mio padre ha provveduto a farmi. Della vita negli anni novanta, di cui ho memoria, che lega mio padre a Stelio, purtroppo ben poco rimane, ma di quel poco è molto forte la sensazione di rispetto e di stima umana e professionale che li legava. Mio padre parlava di Stelio come un maestro e già questo gli rendeva onore ai miei occhi. Ogni tanto mio padre sbraitava sommessamente perchè Stelio voleva un’animazione meno fluida dei personaggi mentre papà, tecnicamente parlando, era fautore di quell’animazione morbida e naturale.
Un pomeriggio tiepido ricordo come fosse ieri, mio padre mi chiamò dal suo studio e, mentre io ero affaccendato a giocare in camera, e mi chiese una cosa che al momento mi apparve fuori dal mondo. Io risposi alla sua chiamata con entusiasmo, quell’entusiasmo che un figlio che ama il proprio padre mette in ogni cosa, e rimasi seduto su uno sgabello con la gamba sinistra sotto il sedere. Papà mi disse “Ora, nella maniera più naturale che ti viene, alzati ed esci dalla stanza”. Io capiì da subito che voleva osservare il mio movimento fisico per riprodurlo e mi concentrai. Mi alzai togliendo la gamba sinistra su cui sedevo, sopra quello sgabello, usciì dalla stanza. Sapevo perfettamente che mio padre aveva voluto verificare il movimento naturale del corpo di un adolescente per riprodurlo nel cartone animato. Sapevo perfettamente che mio padre era in grado di osservare le più piccole sfumature della realtà per trasportarle nell’animazione. Ero stato per un minuto e mezzo Gianburrasca. Ero stato per un minuto e mezzo un modello per papà. Ero stato per un minuto e mezzo il personaggio di Stelio… Di più non potevo davvero chiedere!
Tra le altre cose… anche io in un modo o nell’altro ho contribuito nella realizzazione di Alice e Giannino colorando alcuni lucidi d’animazione… e quella casa a via Marguttache sembrava un quadro di Escher!
Finalmente sono riuscito a leggermelo tutto, grande articolo! Grazie per aver riportato la mia testimonianza e complimenti per quello che fai, se non fosse per te certi personaggi storici della nostra animazione finirebbero del tutto dimenticati…Eccezionale l’aneddoto del “passacagando” mi pareva di sentire Ramponi mentre lo diceva con la sua parlata romana inconfondibile.
Franco Bianco
Veramente un bell’articolo di un autore che non conoscevo,ma qualcosa si trova in giro in VHS o DVD?
Complimenti a Mario Verger e la sua passione per l’animazione italica.
Grazie Mario!
complimenti Mario, il tuo articolo è davvero da maestro, davvero ben realizzato, mi hai fatto scoprire un vero signore e professionista, ovviamente i complimenti vanno sia a te che a lui!!
complimenti vivissimi per quest’articolo, hai reso un doveroso omaggio ad un vero artita dello spettacolo e della cultura italiana, peccato che noi in Italia tardiamo sempre a riconoscere chi ci dà lustro!!
Mario, io ho conosciuto sia te che Stelio Passacantando oramai più di 25 anni fa (forse lui l’ho cononosciuto ahimè 30 anni fa), e ho collaborato fugacemente con lui per Gianburrasca. Devo dire però di non aver approfondito conoscenza e certi temi con lui come hai fatto tu; apprezzo quindi la tua curiosità di allora e che ora è tuo prezioso bagaglio. Ripensando a quell’epoca però, la realtà del cinema di animazione italiano del dopo carosello dagli anni 80 in poi è frammentaria ed episodica, e per lo più terreno di conquista per amatori ed entusiasti come noi, che a volte trovano interessanti anche i prodotti che scadono nel puro “trash”, ma non è questo il caso di Passacantando. Mi ricordo il suo studio posto in un attico di uno dei posti più ambiti del centro storico di Roma, e il sapore di un’epoca che un ragazzo come me sentiva lontana, e che man mano che passano gli anni, si accorge di quanto paradossalmente si avvicini alla propria. Ci si realizza poi di essere i più giovani della generazione dei vecchi animatori, e si rimpiange di non aver indugiato nel rubare qualche minuto in più dell’atmosfera che creava l’ambiente insieme all’uomo e la sua storia, che ricordo a chi è nuovo del settore, non va mai sottovalutata e gettata via. Il mio rimpianto messo per iscritto ora è un tentativo atto ad unire le forze tra noi, tra chi ama questo mestiere, rispettando reciprocamente diverse inclinazioni politiche e professionali, facendo invece tesoro delle differenze che ci caratterizzano, creando quindi presupposti per una grossa struttura che possa far crescere questo splendido settore nel nostro paese.
Che Passacantando combattesse il potere, fatto che scopro solo ora leggendo il tuo articolo, mi sorprende piacevolmente, avendo consapevolezza che soprattutto in questo paese, chi osteggia e non si affida a persone che lo detengono, in genere non ottiene nè visibilità, nè tantomeno la regia di un lungometraggio, ma anzi viene inesorabilmente isolato.
Evidentemente era un’altra epoca, ed io probabilmente ero distratto.
E’stata quindi una vittoria doppia per Passacantando, poter esprimere la propria arte ed il proprio credo, facendosi apprezzare fino all’ultimo anno della propria esistenza.
Noi protervi antichi artigiani, perpetueremo l’ideale di poter adoperare questa splendida arte nell’ebbrezza di creare emozione in spettatori di ogni età, lasciando sottilmente trapelare le nostre idee e le nostre passioni.
Ricordare Stelio Passacantando, caro Mario, è quindi l’occasione ideale che mi dai, per urlare che gli animatori tradizionali non sono e non devono diventare una razza in via di estinzione.
Estate 1996. Me lo ricordo perché era l’anno delle Olimpiadi di Atlanta. Tutto il mondo infervorato per le prestazioni degli sportivi, io chiuso in me stesso come non mai, rabbioso, poco incline al dialogo e apparentemente privo di stimoli e di interessi (l’adolescenza è anche questo). Una mattina rimango a casa mentre i miei genitori vanno a fare spesa. La vacanza, la montagna non riusciva a distrarmi dai miei pensieri cupi. A tenermi compagnia, un bellissimo film d’animazione scoperto per puro caso quella mattina: “Il giornalino di Gian Burrasca”. Se ricordo bene il canale era Rai 3. Trovai a dir poco meraviglioso quel film. Negli anni successivi ho tentato in tutti i modi di recuperarlo senza sapere nulla circa l’autore, l’anno di produzione etc . I dizionari dei film non ne parlavano affatto. Scopro solo ora grazie a “Rapporto Confidenziale” (che seguo con piacere da un po’ di tempo) e grazie al contributo preziosissimo di Mario Verger, chi era l’autore di quel piccolo capolavoro… e mi fa davvero piacere constatare che non mi sbagliavo a reputare questo film un lavoro degno di nota. Questo omaggio ha stuzzicato nuovamente il mio interesse. Non vedo l’ora di poter rivedere quel bellissimo film d’animazione e spero di poter recuperare altre opere di Stelio Passacantando: il suo secondo lungometraggio, ad esempio o il poema a fumetti… nella speranza che anche i lavori realizzati a quattro mani con Gian Carlo Menotti possano prima o poi essere recuperati.
Mi ricordo la sua aria confusa, polemica, timida e gentile. Giulio Gianini, dal ballatoio di via Margutta dove abitava, mi diceva che ogni tanto lo vedeva apparire alla finestra del suo studio, come in un’icona russa. I suoi film m’interessavano anche se non erano mai perfetti, aveva un gusto molto personale, per nulla conciliante con le mode del momento e il coraggio e l’incoscienza per imbarcarsi in grandi avventure cinematografiche, dalle quali speso era sopraffatto. Grazie Mario per il tuo lavoro appassionato!
complimenti vivissimi per quest’articolo un pezzo di storia non da poco
bel memoriale ….al solito cariera variegata delle più svariate esperienze, quel che voleva si capisce nitidamente……
bravo a lui e a voi nel ricordarlo così bene … ci sarebbero elementi per approfondire con qualcosa di dedicato in grande stile … di sicuro non manca il materiale
E’ un peccato che un simile sensibile tributo non sia venuto anche da quegli organi che maggiormente dovrebbero curare ciò che é arte e creatività nel nostro Paese! Un grande merito a te Mario e soprattutto a chi te lo ha ispirato!
Ringrazio Mario per questo ritratto appassionato di un autore misconosciuto che merita la stima e l’attenzione di tutti gli amanti del cinema d’animazione. Chissà quanti di noi hanno apprezzato i suoi filmati per la Rai senza sapere chi fosse l’artista…dispiace davvero scoprire che fu volutamente messo da parte per lungo tempo, è sempre umiliante ‘elemosinare’ un lavoro quando si hanno capacità e qualità ben riconosciute. Mi auguro che le opere di Passacantando possano essere nuovamente trasmesse in televisione e pubblicate in home video, l’oblio di un artista nuoce alla memoria di un intero Paese…