Forse Coda non andrebbe guardato su di uno schermo, forse non dovrebbe nemmeno essere proiettato, forse il modo più corretto per goderne sarebbe quello di farselo scivolare tra le mani, farlo scorrere fisicamente davanti agli occhi. Perché Coda è un film materico, fisico. Un film fatto con film, con pellicole, con quei segmenti posti in testa o in coda a un rullo utili al proiezionista e ai laboratori di montaggio e stampa: pezzi di pellicola contenenti informazioni varie. Coda è un film fatto con scarti di lavorazione dell’industria cinematografica, con segmenti di pellicola inutili per lo spettatore ma fondamentali per realizzare la copia zero di un film o per far sì che questo sia proiettato correttamente. Coda è un film fatto di code, è un piccolo film manifesto che ci ricorda la materia di cui sono (erano?) fatti i sogni a occhi aperti del cinematografo.
Presentato in anteprima al Torino Film Festival 2014 nella sezione italiana.corti, Coda è fatto da Luis Fulvio (Baglivi).
Alessio Galbiati: Come hai realizzato Coda? Quanto tempo hai impiegato e quante “code” hai utilizzato?
Luis Fulvio: È tutto fatto a mano. Ho utilizzato un numero imprecisato di code 35mm, ma anche 16mm e 8mm incollate su pellicola trasparente 35mm, attaccate con lo scotch. Ho usato diversi tipi di pellicola (sia poliestere che triacetato), diversi formati (anche un pezzo di rullino per macchina fotografica), alcune parti sono strappate, altre accoltellate (e i resti di queste poi incollati in altre parti ancora), ci sono disegni, scritte, incisioni… ho iniziato a guardare le code intorno a ferragosto, poi da quel momento gli ho dedicato sei settimane nei ritagli di tempo.
AG: Da dove provengono i segmenti di pellicola utilizzati?
LF: Ho un rapporto diretto con la pellicola dal 2003, quando ho iniziato ad occuparmi della movimentazione copie per il Roma Film Festival (quello diretto da Bruno Roberti/Filmcritica), poi ho fatto la stessa cosa per Il Vento del cinema, a Procida, dal 2005 e dal 2007 collaboro alle attività dell’archivio film della Cineteca Nazionale, quindi di code me ne passano tra le mani parecchie… anche se alla fine sono soprattutto scarti, raccolti nel mese di luglio. Fondamentale è stato l’apporto di Christian Saccoccio, amico proiezionista, nelle vesti di producer/coeditor/factotum. Infatti il film ha il titolo “SCS presenta”.
AG: Hai seguito una qualche logica di montaggio oppure si tratta di una giustapposizione in qualche modo casuale?
LF: Ho costruito il film a blocchi e poi ho provato sempre più a smontarli. Ogni due o tre giorni guardavo il film in moviola e poi ricominciavo, montavo dei pezzi e ne smontavo altri. Con un ritmo incostante.
AG: Il suono del tuo cortometraggio è estremamente suggestivo. Hai usato qualche accorgimento per questo aspetto oppure hai lasciato che tutto accadesse in maniera casuale?
LF: Non ho toccato nulla, ogni coda ha mantenuto il suo suono e alcune scelte le ho fatte proprio partendo dal suono. L’intenzione era di fare un film con le mani, rinunciando alla stampa e all’incisione del sonoro, alla macchina. Questo ha aperto le porte ad altri processi che alla velocità di proiezione diventano altro ancora. Come le code, Coda può essere visto al tavolo passafilm o proprio “a mano”, ovviamente sembra diverso ma resta quel film.
AG: Coda è un atto d’amore e al contempo un’opera teorica, una riflessione sulla pellicola e dunque sul cinema. Qual è la tua posizione circa la rapida transizione verso il digitale alla quale in questi anni stiamo assistendo?
LF: Non ho nulla contro il digitale. Mi piace che oggi dia a tutti la possibilità di filmare e montare e mi piace anche la conseguente moltiplicazione dei film. Allo stesso tempo odio le «macchine da preda» (la splendida definizione è di Jean-Marie Straub) e tutto l’apparato video usato per azioni di cattura e/o controllo (anche da parte dei cittadini, non solo da sbirri e magistrati). Tutto questo c’entra ben poco con l’eliminazione della pellicola decisa a tavolino da pochi, enormi gruppi industriali, mentre solo trent’anni fa era un supporto molto diffuso anche a livello amatoriale. È questa imposizione totalitaria, questa “operation silencio”, questo “delitto fascista” come recitano alcune parti di Coda, che mi ha spinto a fare un film in 35mm.
AG: Vista la tua grande esperienza, la tua passione e il tuo amore per il cinema, vorrei chiederti: quali sono, a tuo avviso, le principali differenze estetiche tra i due formati?
LF: Non so se la differenza è estetica, i film fatti in video sono film al pari di quelli fatti in pellicola o in altro modo, sicuramente è sostanziale, materica. Coda vuole mostrare proprio le possibilità di rapporto fisico con la pellicola, la sua resistenza e la sua fragilità… È un supporto giovane, tanto quanto il video se lo si guarda in una prospettiva diversa da quella dei mercanti e del loro tempio e tempo. Il digitale, che poi sarebbe meglio dire alla francese numérique, è una parola più onesta verso la cosa che indica, si porta dietro il male del suo tempo, è asettico, piatto, silenzioso, pulito, lavora sulla quantità prima ancora che sulla qualità… e si presta bene alla direzione dominante, ovvero permette ai tanti aspiranti preti di trovare altari e pulpiti.
AG: Per quanto riguarda la conservazione delle opere cinematografiche ancora oggi la pellicola pare offrire maggiori garanzie. Che ne pensi di questo aspetto della questione?
LF: Credo che un film conservi tanto di sé anche quando cambia formato, se li ha, conserva i suoi demoni, i suoi calchi, le impronte così come i graffi, i segni del tempo, delle stampe, delle proiezioni. Eliminare è togliere vita, infatti i restauratori attuali parlano di “nuova vita”, siamo già nella metafisica. Sul fatto che la pellicola dopo più di cento anni possa essere ancora vista, riprodotta, smontata etc. non ci sono dubbi. Detto questo a me è capitato di optare tranquillamente per gli scanner quando mi sono occupato di ristampe (il restauro è un’altra cosa), sia con Trasferimento di modulazione di Piero Bargellini, film senza negativo, unico, sia con la versione più lunga di Nostra Signora dei Turchi. In questo ultimo caso abbiamo deciso, con Sergio Toffetti e Mario Masini, che del film è il direttore della fotografia, di scannerizzare il negativo originale Ektachrome 16mm e poi stamparlo su 35mm piuttosto che ingrandirlo. Essendo un lavoro che partiva dai materiali del film prima che dalle matrici ci è sembrato che il 2k conservasse meglio temperatura e densità dei colori.
I miei amici della Kinoteka slovena, tra cui Jurij Medem che adesso lavora anche per la Gorge Eastman House a Rochester (dove a maggio si svolgerà il primo festival della pellicola nitrato), mi sembra si interroghino e lavorino molto bene. Ce ne sono anche altri ovviamente… cito loro perché è un posto a noi vicino e con ancora meno risorse economiche.
AG: Ti andrebbe di indicare qualche titolo che a tuo avviso si potrebbe programmare accostandolo al tuo Coda? O, in altri termini, per una notte di Fuori Orario a quali altri film abbineresti alla visione di Coda?
LF: Mah… Coda omaggia in modo evidente l’Underground, se proprio si vuole incasellarlo. Si porta dentro frammenti di Straub, Rossellini, Bargellini, ha una sorta di filiazione con La verifica incerta anche se è più virato verso Zaum, la cosa che con egh e altri di Fuori Orario abbiamo fatto nell’estate del 2011… comunque mi sembrano tutte cose troppo grandi per questo piccolo e fragile film che è Coda. Comunque, per provare a rispondere alla tua domanda, forse lo programmerei con Arca Russa di Sokurov… di sicuro non si possono confondere.
AG: Da anni lavori a Fuori Orario. Mi puoi raccontare di questa tua esperienza? Di cosa ti occupi e quanto è meraviglioso lavorare con quella squadra e scavare negli archivi alla ricerca di film dimenticati?
LF: È una domanda complicata, risentiamoci tra venti anni e magari avrò metabolizzato meglio… diciamo subito che noi non mandiamo film rari ma film RAI e l’unico archivio che abbiamo a disposizione è quello televisivo (e neanche tutto). Archivio dentro al quale nessuno più di Ciro Giorgini ha fatto ricerca. I film che riusciamo a comprare direttamente sono sempre meno e purtroppo il taglio del budget si inizia a sentire, anche se noi siamo bravi a fare nozze coi fichi secchi.
Ciò detto, credo che per chi legge questa intervista su questo sito non sia difficile immaginare cosa possa essere ritrovarsi a lavorare a 27 anni con Ghezzi, Turigliatto e Giorgini (tanto per citare i tre che ci sono da sempre). Se dovessi provare a definire Fuori Orario direi che è tra le poche cose in Italia che prova a mantenere in vita lo spirito del ’77, siamo pochissimi, tutti diversi, nel maldestro tentativo di funzionare come un gruppo di affinità all’interno di una struttura mostruosa come la RAI… mi fermo qui, il discorso sarebbe lungo e complesso ma… “print the legend!”.
AG: Quali sono le notti di Fuori Orario delle quali sei più fiero?
LF: Credo che Fuori Orario vada preso come un unico film che si fa ogni giorno da 25 anni. Se si prende una singola notte o anche un ciclo di notti si riporta questo mare mostro di immagini all’interno dell’ordinario, diventa la programmazione più o meno bella e ricercata di un cineclub, solo che passa in tv. Riguardo alla fierezza, il momento in cui dovessi sentirmi fiero di una cosa che in qualsiasi modo è accostabile a un rapporto di lavoro sarò un uomo di merda. •
– dicembre 2014
CODA
regia, montaggio: Luis Fulvio [Luis Fulvio Baglivi] • produzione: SCS • formato: 35mm, b/n-colore • paese: Italia • anno: 2014 • durata: 11′
Coda è dopo la fine, è countdown, è pelle e pellicola, è 35mm, è digitale (e numérique), è un gioco, è D.I.Y., è pirata, è cieco, è primitivo, è punk, è crimine, è un canto d’amore, è una ferita, è contro il cinema. Coda è unico irriproducibile senza matrice, è scarti, è osceno, è per tutti quelli che hanno lasciato sangue e sudore sui set nei laboratori negli archivi nelle cabine di proiezione. Coda non è.
«Il film leader è una parte di pellicola inserita all’inizio o alla fine di un film, pensata per agevolare l’inserimento di un rullo nel proiettore o nella cinemeccanica. […] Non comprende soltanto il conto alla rovescia ma anche informazioni tecniche a proposito del film, come il titolo, lo studio, il numero di produzione, la ratio, il livello e il mix della traccia sonora, il numero di bobina e il colore, ma non solo».