Si suppone in genere che un «film biografico» sia un’opera concepita accanto alla realtà, già esistente in quanto concreta, una lamina di suoni e immagini che mima i dati materiali e verificabili, ne insegue i caratteri, i segni, parte copiando, confermando, traducendo, negando, ampliando; somiglierebbe dunque a un commento, e da questo si distinguerebbe per la continuità, non frammentata a chiosa di singoli elementi, ma piuttosto atteggiata a parafrasi volta a volta pantografata o miniaturizzata, o al tutto deviata.
In realtà, chiunque si accinga al compito deliziosamente servile di trascrivere, decifrare, disenigmaticare – giacché dirigere in nessun modo è possibile – presto di accorge che quella lamina che va graffiando, per quanto esile ed esigua, non è mai parallela all’esterno dell’opera; ed in breve anzi si accorgerà che la lamina ha un suo modo di conformarsi, per cui il «film parallelo» è tale all’interno dell’esistenza che persegue. Insomma, si immagini che la vita di cui si vuol disporre la struttura parallela sia non già simile a lamina inscritta, ma piuttosto ad un cubo: ora, se l’esistenza è cubica, e dunque a tre dimensioni, essa è percorribile non solo secondo il sentiero dei fatti biografici, coatto e cronologicamente garantito, ma secondo altri itinerari, diversamente usando i modi per collegare fatti e dettagli e parole, lacune e «a capo». Non solo: ma i fatti così usati saranno simili a indizi – tra delittuoso e criptico – che la vita si è lasciata alle spalle, o che si trovano sparsi nel suo alloggio cubico, ospizio di tracce, annotazioni, parole trovate, schegge di parole, silenzi. Un’esistenza, rettamente intesa nella sua mappa cubica, diventa così infinita da proporsi, distrattamente, come comprensivo di tutte le possibili vite parallele, che in conclusione finiranno con l’essere tutti i film possibili. È chiaro, dunque, che sarebbe gretto tentare di dar le misure di codesto cubo leggibile all’interno, o di uno qualsiasi dei film paralleli che vi si acquattano.
Si potrà chiedere perché Silvio Berlusconi sia così specialmente cubico; no: direi piuttosto che Silvio Berlusconi è altamente indiziario, che è una figura di tracce, orme, indovinelli, burle, fughe, che ad ogni parola o fatto colloca un capolinea. Il parallelista vive in esso la dissoluzione del cubo, alloggia tra innumerevole prove, non sa di che. Questo sconcerto è essenziale. Esso gli consente di esercitare la regola aurea, che è: «Tutto arbitrario, tutto documentato».
Nella Presentazione (qui sopra parafrasata ad uopo) al suo Pinocchio: un libro parallelo (Einaudi, 1977) Giorgio Manganelli mette in guardia dal concepire il Pinocchio di Collodi quale testo concluso e univoco. Egli afferma che ogni libro, e Pinocchio più d’ogni altro, è in realtà un cubo di significati costruito sulla bidimensionalità dei significanti. Ogni parola è enciclopedia e mondo potenziale e la rete delle loro somme e interconnessioni dischiude infiniti universi possibili. Compito e attitudine del parallelista dovrebbe essere la responsabilità del perdersi alla deriva, lasciando che la corrente lo trascini là dove non immaginerebbe – “disfacendosi” e “sconcertandosi”.
Paolo Sorrentino pone in esergo a Loro 1 la frase con la quale il Manga conclude la presentazione del proprio sconcerto collodiano e, dunque, ci suggerisce d’entrar nell’opera consci della sua natura parallela al suo Pinocchio contingente: Silvio Berlusconi.
Ma Lui non è un libro stampato, pur essendo indubitabilmente cubico. Lui, Silvio Berlusconi, è parallelizzato da Paolo Sorrentino a partire da atti processuali, cronache giornalistiche, gossip; è “tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore” – non senza imprecisioni, grossolanerie e (più che) legittime licenze poetiche.
Durante la visione di Loro ciò che incontriamo sono i tic e le manie, le ossessioni e lo stile del regista e sceneggiatore Paolo Sorrentino – non certo un ritratto credibile, che non sia pura caricatura ludico-goliardica, di SB. Ed è per questi motivi che Loro mi pare più di ogni altra cosa quale “film parallelo” della filmografia e dello stile del suo stesso realizzatore. SB contiene frammenti dell’oramai folta galleria di protagonisti sorrentiniani (da Tony Pisapia de L’uomo in più fino a papa Lenny Belardo) e funge da pre-testo per riscrivere una personale cosmogonia archetipica dell’umanità intesa come parallelizzazione di sé in altro da sé. Io è un altro; Lui è un altro.
Quanto più si avvicina alla realtà – scomodando papi e presidenti, sentendo l’esigenza d’utilizzare nomi e cognomi reali –, quanto più su di essa esercita una volontà di potere, tanto più il cinema di Paolo Sorrentino si svuota di senso e significati, divenendo pura forma kitsch.
“Se non puoi sconfiggere la realtà”, diceva Andy Warhol, “è meglio diventarne complice”, ed è così che appare ormai il cinema di Paolo Sorrentino, paralizzato dalla paura di dire qualcosa, incapace di non nascondersi dietro a una montagna di effetti.
Con un’immagine: Loro somiglia alla trasposizione cinematografica dell’opera America, di Maurizio Cattelan, esposta e utilizzabile dai visitatori del Guggenheim Museum di New York: un water in oro a 18 carati dentro al quale liberarsi del proprio odio per il mondo e la realtà; forse pure, con un sorriso. •
Alessio Galbiati
LORO 1
Regia, soggetto: Paolo Sorrentino • Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello • Fotografia: Luca Bigazzi • Montaggio: Cristiano Trovaglioli • Musiche originali: Lele Marchitelli • Casting: Annamaria Sambucco • Production Design: Stefania Cella • Art Direction: Cristina Vittoria Marazzi • Set Decoration: Giulia Busnengo • Costumi: Carlo Poggioli • Colorist: Andrea Orsini • Produttori: Carlotta Calori, Francesca Cima, Nicola Giuliano, Viola Prestieri • Coproduttori: Ardavan Safaee, Muriel Sauzay, Jérôme Seydoux • Interpreti principali: Toni Servillo (Silvio Berlusconi), Elena Sofia Ricci (Veronica Lario), Riccardo Scamarcio (Sergio Morra), Kasia Smutniak (Kira), Euridice Axén (Tamara), Fabrizio Bentivoglio (Santino Recchia), Roberto De Francesco (Fabrizio Sala), Dario Cantarelli (Paolo Spagnolo), Anna Bonaiuto (Cupa Caiafa), Giovanni Esposito (Mariano Apicella), Ugo Pagliai (Mike Bongiorno), Ricky Memphis (Riccardo Pasta), Duccio Camerini (Rocco Barbaro), Yann Gael (Michel Martinez), Alice Pagani (Stella) • Produzione: Indigo Film • Coproduzione: Pathé, France 2 Cinéma • Con la partecipazione di: OCS, France Télévisions • Con il supporto di: Ministero dei Beni e delle Attivita Culturali e del Turismo (MiBACT), Regione Lazio, Fondazione Sardegna Film Commission • Distribuzione italiana: Universal Pictures • Rapporto: 2.35:1 • Camera: RED Weapon 8K S35 • Laboratorio: Grande Mela • Negativo: Redcode RAW • Formato di proiezione: DCP • Paese: Italia, Francia • Anno: 2018 • Durata: 104′