Inconscio italiano > Luca Guadagnino

da Rapporto Confidenziale numero 35 – speciale Locarno 64

Nel 1935, XIII anno del governo Mussolini, l’Italia invade lo Stato sovrano dell’Etiopia. Il Duce depone l’Imperatore Hailè Selassié. Introduce leggi razziali, crea infrastrutture imponenti, si annette le terre. L’occupazione dura sei anni. La guerra fascista uccide oltre 300’000 etiopi tra militari e civili.
Nel 1941 l’imperatore riconquista la sua terra.
Il 25 aprile 1945 l’Italia viene liberata dall’occupazione nazifascista.
Con l’instaurazione della Repubblica, nel 1948, il Partito Fascista viene dichiarato incostituzionale.
La forza che si appella alla sua eredità, il Movimento Sociale Italiano, rimane all’opposizione fino al 1994 quando, cambiato il nome in Alleanza Nazionale, entra a far parte del I governo Berlusconi.

Con questa didascalia si apre “Inconscio italiano”. Parole precise e misurate che rivelano immediatamente il centro del discorso del film saggio costruito da Guadagnino attraverso interviste realizzate a sei intellettuali italiani. Angelo Del Boca, lo storico che per primo denunciò le atrocità italiane di Etiopia; Michela Fusaschi, antropologa e studiosa della realtà africana; Lucia Ceci, docente di Storia contemporanea a Roma, attenta in particolar modo al rapporto fra Stato fascista e Chiesa Cattolica; Iain Chambers, professore in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università Orientale di Napoli, specializzato in Studi culturali, postcoloniali e mediterranei; Alberto Burgio, direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Bologna, autore di numerosi saggi sul razzismo e la costruzione dell’alterità; ed infine Ida Dominijanni, che insieme a Guadagnino ha elaborato la struttura di “Inconscio italiano”, filosofa femminista nonché commentatrice politica, nota ai più per la sua collaborazione con il quotidiano “il Manifesto”.

 

 

“Inconscio italiano” è una spedizione, fatta di parole, composta da idee e immagini provenienti dagli archivi dell’Istituto Luce che, dalla guerra dell’Italia mussoliniana in Etiopia, avanza nello sprofondo di una rimozione collettiva, d’una feroce incoscienza xenofoba e razzista, che possiede i tratti patologici di una dissociazione dell’identità nazionale.
Per quanto articolata e complessa, la tesi del film è semplice: non avendo mai fatto i conti con la propria Storia, l’Italia si trova oggi immersa in una deriva fascistoide, un eterno fascismo che attraversa l’intera società e la storia, del Paese. Una nazione priva d’una propria identità definita in positivo, in cui «il razzismo – nelle parole del filosofo Alberto Burgio – inteso come ‘apartheid’ o segregazione non è mai entrato nella costruzione dell’identità italiana. Ma se invece intendiamo il razzismo in modo meno angusto e riduttivo, se riconosciamo il razzismo ogni qual volta si definiscono identità inferiori, allora noi scopriamo che l’Italia lo è pienamente, profondamente». Razzista con gli africani degli anni trenta, come con i migranti dei giorni nostri, xenofoba con ogni minoranza che reclama diritti o anche solo l’aspirazione al riconoscimento della propria (nel film è Michela Fusaschi a ricordarci di come il concetto di cittadinanza legata al ‘sangue’ sia una costante della storia d’Italia: accadde nell’Etiopia occupata, accade nell’Italia dei nostri giorni).

Il film è suddiviso in due parti ben distinte. Nella prima la macchina da presa, una fotocamera digitale Canon EOS 5D, da conto delle parole dei sei intellettuali che in un dialogo con Giuppy D’Aura, autore della sceneggiatura e conduttore delle conversazioni (ma ci sono pure interventi fuori campo dello stesso Guadagnino), affrontano la questione da angolazioni differenti. Parole sempre originali e mai banali, dense e documentate, che osservano il passato (la guerra d’Etiopia) ed il presente (l’Italia berlusconiana), dando vita ad un discorso complessivo che si inscrive in una prospettiva psicanalitica e tutta intellettuale. Un documentario fatto da interviste frontali (in bianco e nero) che è in grado di tramutarsi, in maniera progressiva, in un bizzarro esempio di cinema, dotato di una fotografia ammaliante e suggestiva, inedita per un lavoro del genere.
Nella seconda parte, una suite di montaggio, come ama definirla lo stesso regista, ci si tuffa nei materiali d’archivio provenienti prevalentemente dall’Istituto Luce, ed entro la quale immagini apparentemente innocue, come quelle del matrimonio di Rodolfo Graziani, gerarca fascista nominato dal Duce viceré di Etiopia, oppure quelle “umanitarie” dei soccorsi della Croce Rossa alla popolazione invasa, rivelano la loro reale valenza disumana e razzista, svelata grazie alle parole che nell’ora precedente del film i sei intellettuali hanno proferito.

 

 

Il film saggio s’inscrive fra la didascalia sopraccitata ed un frammento d’archivio passato al rallenti di un ribollimento d’acqua. Un’immagine simbolo estremamente potente ed efficace che si sposa perfettamente con l’idea complessiva di un film a tesi, finalmente onesto e perentorio nella propria affermazione d’una Weltanschauung, prima di ogni altra cosa politica. Un ‘film a tesi’ in un’epoca in cui anche solo proferire questo termine risulta un fatto indigesto, come se al cinema non sia più consentito il ruolo di rivendicazione di verità storiche, politiche e sociali, come se il cinema non debba intromettersi nella sfera politica delle società che abitiamo. Luca Guadagnino ed il suo gruppo di lavoro (composto oltreché da Giuppy D’Aura, pure da Fernando Cito Filomarino autore della mezz’ora di montaggio di immagini d’archivio) hanno confezionato un film davvero sorprendente, capace di mettere mano agli archivi dell’Istituto Luce e di estrarne il carico di oscena ferocia razzista, troppo spesso negati da uno storicismo pacificato, amante della rassicurante visione dell’Italia come di un popolo di “brava gente”.

“Inconscio italiano” è uno strano oggetto cinematografico, che non gira attorno a nulla, che assegna anzi con una chiarezza lapidaria ed inequivocabile responsabilità, un’opera che fa nomi e cognomi, dunque scomoda. Che interconnette il passato con il presente, che tira un filo ‘nero’ fra il ventennio ed i giorni nostri. Un film che ha già sollevato polemiche e risentimenti, basti pensare al fatto che formalmente il Luce non compare nei crediti dei film. A testimonianza dell’oscenità di una Istituzione filo governativa incapace di essere servizio pubblico ma unicamente gingillo di un potere anti-democratico che continua a perpetrare sé stesso.

Guadagnino compie una riflessione sulla mistificazione della storia, sulla rimozione, sulle falsità del potere, da alla luce un film saggio che torna su di un’epoca dimenticata, che da conto di una terra nella quale lui stesso ha vissuto gli anni dell’infanzia. Nel ribollimento sulfureo della sequenza conclusiva c’è tutta l’ansia che il nostro presente contiene, monito per immagini al fatto che la Storia non ammette rimozioni che carsiche riaffiorano e delle quali non conosciamo ancora l’esito.

Alessio Galbiati

 

 

Inconscio italiano
Regia: Luca Guadagnino • Fotografia: Luca Ranzato • Sceneggiatura: Giuppy D’Aura • Montaggio: Ferdinando Cito Filomarino • Assistente al montaggio: Giovanni Pompetti • Suono: Stefano Varini, Lorenzo Corvi • Missaggio: Riccardo Spagnol • Titoli e grafica: Pomo, Gabriele Gianni • Ufficio stampa: Patrizia Cafiero • Produttori: Luca Guadagnino, Massimiliano Violante • Con: Angelo Del Boca, Michela Fusaschi, Lucia Ceci, Iain Chambers, Alberto Burgio, Ida Dominijanni, Giuppy D’Aura • Casa di produzione: First Sun • Lingua: italiano • Paese: Italia • Anno: 2011 • Durata: 100′

 

Luca Guadagnino (Palermo, 1971). Regista cinematografico e teatrale, sceneggiatore e produttore. Laureato all’Università La Sapienza di Roma con una tesi sui film di Jonathan Demme. Nel 1999 gira “The Protagonists”, un’eccentrica opera prima presentata alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2003 è a Locarno con “Mundo civilizado”, strana commistione fra film musicale e documentario. Nel 2004 è la volta di “Cuoco contadino”, in concorso nella sezione Digitale a Venezia. Nel 2005 dirige il controverso “Melissa P.”. Nel 2007 dirige due cortometraggi realizzati appositamente per il Festival di Sulmona, “Part deux” e “Part deux deux”. Nel 2009 con “Io sono l’amore” ottiene un ampio consenso critico che lo consacra come regista di fama internazionale. Nel 2011 dirige “Inconscio italiano” presentato in prima mondiale a Locarno 64. Attualmente è al lavoro su di un documentario dedicato a Bernardo Bertolucci “Bertolucci on Bertolucci”. A dicembre 2011 debutterà nella regia dell’opera lirica di Giuseppe Verdi “Falstaff” diretta dal Maestro Daniele Rusitoni per il Teatro Filarmonico di Verona. Con “Io sono l’amore” ha fondato la casa di produzione First Sun con la quale attualmente sta producendo il secondo film da regista di Edoardo Gabbriellini, “Suspiria Remake” per la regia di David Gordon Green ed il primo film di finzione di Pippo Delbono.

 

Luca Guadagnino, filmografia: 2011 Inconscio italiano (documentario) / 2010 Chronology (cortometraggio) / 2009 Io sono l’amore / 2008 The Love Factory #3 Pippo Delbono – Bisogna morire (documentario) / 2007 Part deux deux (cortometraggio) / 2007 Part deux (cortometraggio) / 2005 Melissa P. / 2004 Arto Lindsay Perdoa a Beleza (The Love Factory Series) (documentario brevie) / 2004 Cuoco contadino (documentario) / 2003 Lotus (video documentario) / 2003 Mundo civilizado (documentario) / 2002 Tilda Swinton: The Love Factory (documentario brevie) / 2000 L’uomo risacca (cortometraggio) / 1999 The Protagonists / 1997 Qui (cortometraggio)

 

RC ha intervistato Luca Guadagnino durante le giornate di Locarno 64.
Leggi l’intervista testuale e guarda la versione audiovideo.

 

 

 

Il presente articolo è stato pubblicato in Rapporto Confidenziale numero 35, speciale Locarno 64 – p.68-69



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