Se l’umanità venisse spazzata via. Alcune note su “Safari” di Seidl

Ben prima dell’uomo, si cacciava. Tutte le arti fiorirono dalla caccia: le prime incisioni cavernicole, come la nascita della polifonia musicale, sono legate alla più antica attività umana. La prima impressione che danno le immagini di Safari di Seidl, e poi i dialoghi, è che i cacciatori da lui ripresi, dediti alla caccia grossa africana “controllata”, sostengano tesi venatorie del tutto corrette e condivisibili. Almeno per chi – come il sottoscritto – sia uno studioso dell’argomento e qualcosa abbia pubblicato sul tema venatorio. Tesi come quella – ben nota – circa l’abbattimento del selvatico anziano, che rientra nella buona prassi. Non mi stupivano inizialmente neppure i costi a cui questi cacciatori vanno incontro: compresi fra il prezzo di un Iphone e d’un computer Apple di buona fattura. Non sono costi che consentano di emettere giudizi circa la ricchezza di costoro: ognuno impiega il proprio danaro come crede. Ma il film prosegue. Sorge il dubbio che questi cacciatori non stiano cacciando, nel senso nobile e antico del termine, ma che fomentino il loro freudiano impulso di morte. Disperate marionette mosse dai fili della loro stessa disperazione, questi turisti cadono a poco a poco in dichiarazioni depravate: un vecchio che deve aver trascorsa lunga parte della propria vita a ingozzarsi di birra e salsicce, sostiene di avere un ottimo rapporto con i neri locali. “Esseri come noi”. E conclude: “Non è colpa loro se sono nati neri, o con la pelle scura”. Un proprietario di una riserva di caccia in Austria (sua fonte di sostentamento) pone fine alla speranza a conclusione del film, dichiarando che la natura è già distrutta, e che se tutta l’umanità venisse spazzata via, per il pianeta sarebbe solo un bene. Ho l’impressione che non molti anni fa, in Germania si facessero gli stessi discorsi. Impeccabile lavoro dalla consumata perizia stilistica, il film di Seidl non è esente da un paio di lievi pecche retoriche: le fin troppo esplicite inquadrature dei neri locali sovrastati dai trofei di caccia; il nero che stira la biancheria di questi pasciuti morti viventi. Ma il tutto – compresa la nauseabonda uccisione di una nobile giraffa, lasciata agonizzare fino alla morte per poi essere macellata – è compensato da una mordace ironia lampante: il capanno d’appostamento che fa da “interludio” e nel quale siedono due grassi cacciatori che emettono rutti o ronfano, sbevazzando birra. E la musica – i corni da caccia che aprono e chiudono il film – non poteva meglio incastonare, con quelle note terse, l’olezzante putrefazione da cui siamo pervasi “dopo lo spettacolo”.

Dario Agazzi

 

 

SAFARI
Regia: Ulrich Seidl • Sceneggiatura: Ulrich Seidl, Veronika Franz • Fotografia: Wolfgang Thaler, Jerzy Palacz • Produzione: Ulrich Seidl Film Produktion, Österreichischer Rundfunk (ORF), ARTE Deutschland, Danish Documentary Production, WDR Westdeutscher Rundfunk • Paese: Austria, Danimarca, Germania • Anno: 2016 • Durata: 90′

lab80.it/safari

 

Un’esperienza dolorosa e tremenda. “Safari” di Ulrich Seidl
a cura di Alessio Galbiati

 

Ulrich Seidl – Intervista
a cura di Roberto Nisi
riprese di Laura Viezzoli
realizzata nel giugno 2013 a Bologna, durante il Biografilm Festival

 



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