
Paolo Sorrentino con Toni Servillo e Giovanni Esposito sul set di “Loro”. Foto di Gianni Fiorito
Sbagliava chi si aspettava da Loro una operazione à la Il divo. Facevo bene, mesi fa, a pensare che il nuovo progetto si sarebbe discostato dal film di dieci anni fa.
Perché Sorrentino, che può legittimamente piacere o meno, è certamente dotato di un’intelligenza cinematografica enorme, sicuramente superiore alla media.
Tanto è vero che l’idea iniziale del doppio titolo Lui e Loro si è trasformata in un Loro 1 e Loro 2.
Già, perché il film non è “su Berlusconi”. E sbagliava anche chi pensava che sarebbe stato un film “contro Berlusconi”.
Il film, semmai, è su quel microcosmo di gente di tutti i tipi (per lo più di bassissima lega) che fa parte “del mondo di Berlusconi” e che, nonostante sia messa alla berlina con una luce quasi caravaggesca (o più vicina all’idea di espressionismo tedesco di inizio secolo XX), riesce a creare un immaginario quasi affascinante.
Quando Sorrentino ha realizzato il film su Andreotti, dieci anni fa, questi era ancora un personaggio protagonista della politica. Defilato, non più centrale, ma comunque rispettato e temuto, pur sempre tenebroso e ingombrante, avvolto in un palpabile alone di mistero.
In quel caso il registro grottesco e deformante del “ridicolo sorrentiniano” funzionò benissimo. Pur senza mai mancare davvero di rispetto al personaggio, il regista riuscì a metterne in evidenza le manie, le bizze, i tratti più marcatamente ridicoli, creando comunque un ritratto satirico e feroce del politico e dell’uomo capace di sacrificare tutto per la ragion di stato.
Con Berlusconi sarebbe stato impossibile andare nella stessa direzione. Intanto perché con Berlusconi non c’è nessuna ragion di stato, a lui manca persino quella dignità politica di cui era impossibile spogliare Andreotti.
Berlusconi è, già di suo, una parodia di sé stesso. Berlusconi è, già di suo, una caricatura. Berlusconi, quello reale, è, fondamentalmente, il miglior film che si possa realizzare su di lui. Un film in divenire, un film che ogni giorno aggiunge nuove esilaranti e preoccupanti scene.
La scelta di Sorrentino si conferma dunque geniale a suo modo: non avrebbe avuto senso realizzare un film con un Berlusconi ridicolizzato o messo alla gogna, se non mettendo alla gogna quell’humus umano dentro al quale le sue radici si sono nutrite fino a farlo diventare la quercia che è.
Scamarcio è Giampaolo Tarantini. Nel film si chiama Sergio Morra, ma nessun problema: se il Tarantini vero è barese, Sergio Morra è di Taranto. Tarantino di fatto, dunque. Espedienti piuttosto elementari che però rendono piuttosto chiaro l’intento di Sorrentino di non volersi discostare dalla realtà, di non volersi inventare nulla.
“Tutto documentato, tutto arbitrario” come cito l’esergo a inizio film.
Berlusconi appare dopo la metà e, senza spoilerare, lo fa in maniera ridicola, grottesca, eppure credibilissima, un modus che appartiene al personaggio. Servillo è bravissimo, non avevamo dubbi, e nell’arco della durata in cui porta in scena B. dice poche battute, tutte esilaranti, tutte ferocemente e drammaticamente comiche.
A Sorrentino non interessa ridicolizzare B., ma probabilmente gli interessa ridicolizzare il suo elettorato, al punto che mentre guardavo il film speravo fortemente che in sala ci fossero alcuni elettori di B.
Loro riguarda anche loro, appunto. Loro è uno specchio di quello che siamo (stati), è uno sfolgorante riflesso della capacità di Berlusconi di raccontare bugie, ammettere che fossero tali, eppure di farla franca ogni volta. È tutto documentato. Tutto arbitrario.

Toni Servillo e Elena Sofia Ricci sul set di “Loro” di Paolo Sorrentino. Foto di Gianni Fiorito
L’altro colpo di genio sono i periodi storici presi in esame: in entrambi i casi Sorrentino ha voluto realizzare film in periodi in cui il mordente politico e la forza dei protagonisti era apparentemente scemata. Con Il divo si era nel biennio 1991-1993, quello delle stragi, della fine della Prima Repubblica, Tangentopoli e, soprattutto, la mancata elezione di Andreotti a presidente della Repubblica.
Con Loro siamo nel periodo 2006-2008, quello di Noemi Letizia, delle orge in Sardegna e a Roma, quello delle feste organizzate da Tarantini, quello di Berlusconi all’opposizione (e qui in effetti c’è l’unico neo di sceneggiatura: il ministro incarnato da Fabrizio Bentivoglio, che è la quintessenza di tutti i mali umani/politici del berlusconismo, non si capisce come sia ministro se appartiene alla parte politica di Berlusconi che non sta governando).
In entrambi i casi i deus ex machina della politica italiana degli ultimi cinquant’anni sono visti sotto la lente dei periodi più bui per loro, quindi (sempre in tema di luce caravaggesca) risulta ancora più scioccante la forza bruta del loro potere rimasto intatto e, anzi, fagocitante ogni cosa. Il ministro di Bentivoglio è l’incarnazione dei mali, ma anche la rappresentazione dell’impossibilità di detronizzare Berlusconi, la cui presenza, la cui aura, il cui potere e (sì, soprattutto quelli) i cui soldi sono il motore di una parte politica che non può più fare a meno di lui.
Sorrentino inizia facendo il Chaplin di Tempi moderni.
Ma se in quel caso le pecore sono un parallelismo con la classe operaia che va nelle fabbriche (come le greggi vanno al macello), qua la pecora è una, assunto simbolico del nuovo berlusconismo animalista e sacrificato, e qua la pecora va incontro a un destino che non sarebbe giusto svelare, ma che si apre a interpretazioni che divertiranno lo spettatore.
Un incipit surreale e potente che lascia spazio a una prima parte densa.
Sorrentino continua facendo lo Scorsese, utilizzando il registro della deformazione grottesca, con un montaggio frenetico, droghe a tutto gas, belle fighe stipate in ogni angolo, scene di gruppo estremizzate e portate al limite, mescolando sapientemente la gerontologia di Youth alle dinamiche sociali di La grande bellezza [#1, #2, #3, #4], citando Antonioni e soprattutto attingendo dall’usuale immaginario felliniano e dal meno usuale immaginario di Marco Ferreri, con un’umanità grottesca e deformata, eppure reale e credibilissima, un mondo di eccessi e sopra le righe, capace di uscire dai canoni della decenza eppure in grado di attrarre morbosamente (come nel mio caso, lo ammetto) menti che sono oggettivamente incuriosite dagli eccessi a cui può arrivare la psiche umana.
Poi Sorrentino fa il Sorrentino.
E decide di farlo quando entra in scena B.
E lo fa bene. Grazie alla fotografia di Bigazzi, grazie alla sempre ottima scelta delle musiche e grazie al “solito” mordace stile paraculo e schiaffeggiante.
Ma lo fa anche in maniera spiazzante, proprio perché a un certo punto Berlusconi sembra quasi il buono della situazione, è simpatico, è quasi in grado di creare un’empatia con lo spettatore. Sorrentino sembra quasi voler essere indulgente con B., farlo sembrare un simpatico guascone. Ma il “gioco” è proprio questo. Il gioco è l’aver creato un mondo tanto abominevole, un immaginario tanto sfrenato, che quando appare Berlusconi lo spettatore è praticamente già messo a suo agio.
Servillo è bravissimo, ma lo sapevamo. Nei panni di Berlusconi riesce a rendere plasticamente bene la resa del sorriso falsissimo, della dilaniante ipocrisia, dell’urgenza di un posto nel mondo; tanto è vero che più d’una volta gli si sentirà recitare la litania dell’uomo che si è fatto da solo, quasi a voler rivendicare una conquista economica e sociale che tenti di smarcarsi dai metodi con cui la conquista è stata fatta. Ma la ferocia dell’ambizione esce fuori con il Berlusconi che liquida il ministro Santino Recchia. La deformazione del falso sorriso lascia spazio alla deformazione paurosa del potere assoluto, della posizione politica e sociale da cui B. non vuole farsi scalzare.
Sorrentino non è bravo soltanto a muovere la macchina da presa.
Ricordo una frase di qualcuno che disse «son bravi tutti a girare a Roma. Basta che butti la macchina da presa per strada e tutto quello che passa davanti è buono».
Balle.
Sorrentino è proprio bravo a scrivere, a “rendere l‘idea”, a dirigere gli attori, a tirare fuori dai suoi personaggi qualcosa di odioso e attraente allo stesso tempo. Sorrentino è un cineasta per cui farei la firma ad avere almeno dieci film all’anno come i suoi.
Certo è che in tutto questo ho cercato di esemplificare gli aspetti positivi del film.
A livello di tensione, di mordente e anche di puro “divertimento” probabilmente il miglior Sorrentino è altrove.
Con Loro 1 a tratti emerge la sensazione che Sorrentino voglia giocare a fare il Bellocchio, con espedienti di nomi parlanti, con personaggi misteriosi e indefinibili e con un tentativo di volersi addentrare alla contemporaneità in maniera allegorica. Ma in quello Bellocchio rimane il migliore in assoluto; Sorrentino è giusto che si occupi di creare affreschi popolati da maschere grottesche, dal ridicolo, dal surreale che sfiora l’inspiegabile.
Il finale di Loro 1 è deflagrante, con una sorprendente virata nel rapporto tra B. e Veronica Lario, con un cameo importantissimo che fa salire l’attesa per Loro 2.
E l’idea che nell’arco di un mese vedremo due film di Sorrentino e uno di Garrone fa già di questo periodo dell’anno forse il cinematograficamente migliore del 2018. •
Nicola ‘nimi’ Cargnoni
LORO 1
Regia, soggetto: Paolo Sorrentino • Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello • Fotografia: Luca Bigazzi • Montaggio: Cristiano Trovaglioli • Musiche originali: Lele Marchitelli • Casting: Annamaria Sambucco • Production Design: Stefania Cella • Art Direction: Cristina Vittoria Marazzi • Set Decoration: Giulia Busnengo • Costumi: Carlo Poggioli • Colorist: Andrea Orsini • Produttori: Carlotta Calori, Francesca Cima, Nicola Giuliano, Viola Prestieri • Coproduttori: Ardavan Safaee, Muriel Sauzay, Jérôme Seydoux • Interpreti principali: Toni Servillo (Silvio Berlusconi), Elena Sofia Ricci (Veronica Lario), Riccardo Scamarcio (Sergio Morra), Kasia Smutniak (Kira), Euridice Axén (Tamara), Fabrizio Bentivoglio (Santino Recchia), Roberto De Francesco (Fabrizio Sala), Dario Cantarelli (Paolo Spagnolo), Anna Bonaiuto (Cupa Caiafa), Giovanni Esposito (Mariano Apicella), Ugo Pagliai (Mike Bongiorno), Ricky Memphis (Riccardo Pasta), Duccio Camerini (Rocco Barbaro), Yann Gael (Michel Martinez), Alice Pagani (Stella) • Produzione: Indigo Film • Coproduzione: Pathé, France 2 Cinéma • Con la partecipazione di: OCS, France Télévisions • Con il supporto di: Ministero dei Beni e delle Attivita Culturali e del Turismo (MiBACT), Regione Lazio, Fondazione Sardegna Film Commission • Distribuzione italiana: Universal Pictures • Rapporto: 2.35:1 • Camera: RED Weapon 8K S35 • Laboratorio: Grande Mela • Negativo: Redcode RAW • Formato di proiezione: DCP • Paese: Italia, Francia • Anno: 2018 • Durata: 104′
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