«Amo molto parlare di niente. È l’unico argomento di cui so tutto»
– Oscar Wilde –
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Anche quest’anno vogliamo giocare con i film e con il calendario.
Abbiamo chiesto a amici e collaboratori, professionisti del settore e cinefili, un elenco dei 5 migliori film usciti, o visti per la prima volta, durante l’anno solare 2012.
Avremmo dovuto concludere a gennaio inoltrato, stilando una classifica del meglio del meglio e un elenco delle segnalazioni… come fatto lo scorso anno. Il gioco è bello quando dura tanto! In realtà proseguiremo ancora per un po’, visto il successo e l’interesse che il "giochino" ha riscosso, tirando le somme, prima sul numero 38, e poi (gratuitamente) anche sul sito.
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Alessio Galbiati
Fondatore e direttore di Rapporto Confidenziale |
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Il denaro in ogni sua forma invade progressivamente ogni sfera delle nostre esistenze colonizzando (anche) l’immaginario, i sogni e l’amore. Nulla pare avere scampo, il cinema più di ogni altra cosa. Poi c’è anche tutto il resto, ma poco altro si salva dalla morsa di un’illusione che giorno dopo giorno perde pezzi di significato. I film registrano il tempo che scorre, catturando frammenti di realtà che sfuggono alla nostra comprensione. |
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L’enfant d’en haut Ursula Meier firma un’opera sbalorditiva, praticamente perfetta, un gioiello cinematografico di una delicata ferocia che ci parla del nostro tempo. Accostarlo al cinema dei Dardenne è un riflesso condizionato, perché il cinema di Ursula Meier ha la forza della fantasia, dell’intuizione, della trovata efficace sospesa fra reale e fantastico. La sua è una realtà da (anti)favola che commuove. Un gioiello che forse è un capolavoro. |
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È stato il figlio Facciamo a gara a lamentarci del cinema italiano, ma poi, quando arriva un film che prende tutti i difetti nazionali e li fa saltare in aria, non siamo nemmeno in grado di sostenerlo quanto meriterebbe. Sono una di quelle persone a lutto dalla fine della coppia Ciprì-Maresco e per anni ho parteggiato per il secondo, accusando d’ogni male il primo, santificando quello che dei due è rimasto dove era nato, concependo Maresco come il solo portatore (mal)sano del verbo Cinico di un cinema inarrivabile. È stato il figlio l’ho guardato in ritardo, con ogni preconcetto possibile, avevo letto e mi immaginavo fosse la depurazione dello stile d’origine in chiave cinemaromano. Invece ho scoperto un film superlativo, unico e magico, surreale, irreale, aperto e agghiacciato, capace di trascinarti nella disperazione di una umanità senza speranza alcuna. Ciprì è riuscito nell’impresa di andare oltre al mondo Cinico, pur rimanendogli fedele, trasportando lo spettatore in una dimensione arcaica e archetipica, che utilizza la realtà come un corpo inerte per raccontare l’incubo di quello che siamo. Spaventoso e sublime. |
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Elles Alla domanda “se non ora, quando?” il film di Malgorzata Szumowska sembrerebbe rispondere “mai” (ma pure “andatevene a quel paese voi donne che non avete capito niente”). Storia fin troppo banale, quella di una giornalista di mezza età intenta nella realizzazione di un articolo sulla prostituzione di insospettabili studentesse universitarie che, per permettersi qualche extra in più e uno stile di vita più consono alle proprie aspettative, decidono di vendere le proprie abilità sessuali. Il film ruota attorno alla giornalista, una meravigliosa Juliette Binoche capace di dare forma e sostanza al sostantivo ‘attrice’. Un film che arriva ad un passo dalla limpida descrizione dell’alienazione borghese, attraverso la descrizione della mercificazione di ogni desiderio e dell’impossibilità di ogni evasione. Elles sta dalle parti di Shame, nei paraggi della Belle de jour di Luis Buñuel. |
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No Una lucidissima riflessione attorno al costruzione mediatica del consenso elettorale, dunque del fascismo di ogni democrazia fintamente democratica. Tecnicamente sorprendente (mi accorgo di essere affascinato dai film in 4/3: è forse un ricordo dei televisori della mia infanzia con i quali ho incominciato ad amare il cinema? O un ricordo del cinema delle origini?), in apparenza leggero come una piuma (Gael Garcia Bernal “travestito” da Michael J. Fox in un film qualsiasi degli anni ’80), militante ma anti-ideologico (come tutto il cinema di Larraín). Un film fondamentale sul nostro tempo, che finge di parlare del referendum cileno del 1980, ma riflette sull’oggi, realizzato da uno degli Autori cinematografici più importanti dell’ultimo decennio. |
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A última vez que vi Macau Un film fatto con un budget irrisorio, nato come un documentario, costruito come un home movie, montato e sonorizzato come un capolavoro del cinema contemporaneo. João e João sono riusciti a tessere un’opera disarmante nella sua barocca trama realizzativa e al tempo stesso a dare l’illusione allo spettatore con velleità cinematografiche di un qualcosa di fattibile. Un gioco di equilibrismo sospeso su di una corda tesa fra Chris Marker e von Sternbergh. Grazie! |
Menzioni speciali ma solo perché ci siamo auto-imposti l’assurdo limite di 5 titoli quando in realtà 50 non basterebbero a rendere i frammenti, magari anche di una sola inquadratura, che mi si sono posati di fronte agli occhi nel 2012. Che poi per il lettore sono concepiti più che altro come consigli/dritte per la visione, come del resto l’intero Rapporto Confidenziale.
Il fischio al naso
di Ugo Tognazzi
(Italia/1967)
Una sorpresa totale: un film importante di un attore-monumento. Ho letto parecchie interviste dell’epoca rilasciate da Ugo Tognazzi che testimoniano quanto ci tenesse a questa satira sulla società dei consumi che incominciava a manifestare la propria voracità anche nei confronti della salute delle persone e quanto fu cocente la sua delusione per non essere accettato come un vero regista-autore. Sorpresa massima perché Il fischio al naso pare un film di Marco Ferreri, scritto infatti da Rafael Azcona e interpretato proprio dal regista milanese nei panni del medico del quarto piano. Tratto dal racconto Sette piani di Dino Buzzati, sceneggiato da Giulio Scarnicci, Renzo Tarabusi, Alfredo Pigna e dallo stesso Tognazzi (con la collaborazione di Azcona) è una notevolissima farsa sulla speculazione medica attorno alla paura della morte e alla noia del viver borghese.
Dell’ammazzare il maiale
di Simone Massi
(Italia/2011)
Un capolavoro di un artista che è un capolavoro.
Tabu
di Miguel Gomes
(Portogallo-Germania-Brasile-Francia/2012)
Costa fatica escludere il film di Gomes dal meglio del 2012 perché si tratta senz’altro di un capolavoro , uno di quei film dei quali si parlerà per anni ancora e del quale ancora non ho trovato modo di scrivere alcunché perché proprio le parole ti si levano dalla mente nel confronto intellettuale con la sua forza estetica e estatica.
Leviathan
di Lucien Castaing-Taylor e Véréna Paravel
(Francia-UK-USA/2012)
Un documentario che è un film onirico di stampo surrealista, un viaggio in qualcosa di buio e oscuro dentro al quale perdersi. Un film sulla pesca realizzato da una coppia di pescatori di immagini.
Der Glanz des Tages
titolo internazionale: The Shine Of Day
di Tizza Covi e Rainer Frimmel
(Austria/2012)
Più passa il tempo dalla prima visione e più il film di Covi e Frimmel cresce. Inizialmente lo valutai sconclusionato, forse quel giorno avevo troppo sonno per riuscire a tenere gli occhi aperti e il cervello sveglio. Ancora però non ne afferro la reale natura: la così marcata provenienze documentaristica, rivendicata a ogni dichiarazione pubblica dei due, mi pare metta in secondo piano la riuscita di un film sorprendente per la vitalità che riesce a trasmettere. Vicino al reale non significa già cinematografico?
Holy Motors
di Leos Carax
(Francia-Germania/2012)
C’è qualcosa che non mi convince fino in fondo all’interno dell’ultimo film del redivivo Carax. Forse è troppo fighetto, forse scimmiotta (ma non parlo delle scimmie del finale) troppo scopertamente David Lynch. Ma contiene pure uno strepitoso dialogo fra lo straordinario Denis Lavant e l’eterno Michel Piccoli che non mi si leva dalla testa e che da solo trascina l’intera opera fra il meglio di quanto ho visto nel corso del 2012:
– Che cosa la spinge a continuare, Oscar?
– Continuo, come ho iniziato. Per la bellezza del gesto.
– La bellezza? Si dice si trovi nell’occhio.
– Nell’occhio di chi guarda.
– E se nessuno guarda più?
Sightseers
di Ben Wheatley
(UK/2012)
Road movie amoroso di una coppia britannica di sfigati totali dediti agli omicidi seriali. Irriverente potente delirante. La prima mezz’ora è da uccidersi dal ridere, con un montaggio e una abilità tecnica mai banali e sempre sorprendenti. Poi si perde per strada, come ogni film di quel genio matto e svogliato dell’inglese Wheatley (Down Terrace e Kill List sono vivamente consigliati). Ma Cristo Santo… che boccata d’aria fresca!
Boa sorte, meu amor
Titolo internazionale: Good Luck, Sweetheart
di Daniel Aragão
(Brasile/2012)
Un film fatto con il cuore, che palpita e grida, con musica sparata a palla (by Jimi Tenor), con non poche ingenuità e discontinuità. Eppure mi è piaciuto da pazzi forse anche perché i due brani musicali in esso contenuti (I Don’t Need You Around di Jackie Wilson e Going Back to My Roots di Lamont Dozier), oltre a dare senso ai caratteri dei personaggi e alla narrazione, sono semplicemente splendidi.
Breaking Bad
di Vince Gilligan
(USA/2008-2013 – serie tv)
Andare giù di testa per una serie TV americana è quanto di più banale posso capitare di questi tempi, forse solo dopo la necessità di possedere un iPhone. Però Breaking Bad è davvero uno spasso: un film lungo cinque stagioni (a partire dal 2008) che quest’anno (2013) va a concludersi definitivamente. Non privo di discontinuità ma con un movimento fra i personaggi, soprattutto nelle prime tre stagioni, davvero notevole. Bryan Cranston è divino, ma chi lo conosceva già dai tempi di Malcolm in the Middle non aveva dubbi. Ben prima di essere lanciato alla notorietà planetaria da NWR con Drive. Ora non rimane da capire altro che la fine. Preparando i kleenex per il commiato da questa storia ad elevata dipendenza. Diceva Jean Epstein a proposito delle serie cinematografiche degli anni ’10 del secolo scorso: «Ho la mia dose o non ce l’ho».
Germania 1 – Italia 2
Campionato europeo di calcio 2012
Varsavia – 28 giugno 2012
La banalità del male.
Partita perfetta, chirurgica, esatta – come una coltellata nel petto.
Fratto X
di Antonio Rezza e Flavia Mastrella
(spettacolo teatrale/2012)
Giove e oltre l’infinito.
Il miglior spettacolo teatrale di Rezza e Mastrella.
Oltre.
Dei titoli selezionati da Alessio Galbiati tra il meglio del 2012, su RC puoi trovare:
▪ "L’enfant d’en haut" di Ursula Meier – a cura di Roberto Rippa
▪ "Elles" di Malgorzata Szumowska – recensione a cura di Alessio Galbiati
▪ "A última vez que vi Macau" di João Pedro Rodrigues e João Rui Guerra da Mata – recensione a cura di Alessio Galbiati
▪ Non siamo che ombre. Intervista a João Pedro Rodrigues e João Rui Guerra da Mata – a cura di Alessio Galbiati e Roberto Rippa
▪ We are just shadows. Interview with João Pedro Rodrigues and João Rui Guerra da Mata – by Alessio Galbiati and Roberto Rippa
▪ "Dell’ammazzare il maiale" di Simone Massi – recensione a cura di Alessio Galbiati
▪ Haiku, sogni, memoria, anima. Intervista a Simone Massi – a cura di Alessio Galbiati
▪ speciale SIMONE MASSI
▪ "Holy Motors" di Leos Carax – recensione a cura di Olivier Père
▪ "Holy Motors" di Leos Carax – recensione a cura di Michele Salvezza
▪ "Boa sorte, meu amor" di Daniel Aragão – recensione a cura di Alessio Galbiati
▪ Nuovo Cinema Brasiliano. Intervista al regista Daniel Aragão, allo sceneggiatore Gregorio Graziosi a agli attori Vinicius Zinn e Christiana Ubach – a cura di Alessio Galbiati e Roberto Rippa (in Rapporto Confidenziale 36)
▪ Appunti sparsi sul cinema di AntonioFlavia #1 – a cura di Alessio Galbiati
▪ RezzaMastrella. Intervista a corpo morto – a cura di Alessio Galbiati
cover image: L’enfant d’en haut di Ursula Meier
uuuuuhhhh, che super selecta!!!! è vero, l’ultimo rezza è bestiale, soprattutto la scena finale con lo specchio che ha dell’incredibile!
ciao cari